venerdì 15 dicembre 2017

un soffio di felicitá

 Un soffio di felicitá 

E giunse la notte tanto attesa.
Nel bosco, le fate, i gnomi, le ninfe e gli elfi, si riunirono e si sedettero sul cuscino di  muschio, sotto la grande quercia.  L’aria tiepida della notte, lasciava frusciare le foglie degli alberi e pareva si scambiassero tante carezze.
La Luna, brillava alta nel cielo. I suoi raggi curiosi, cercavano di penetrare nel buio del bosco, per vedere che cosa succedeva.
Regnava un grande silenzio.
Senza alcun preavviso, tutta la vita del bosco si mise in movimento. Le fate, avvolte in veli bianchi iniziarono a volteggiare fra gli alberi, i gnomi solitamente seri e pensierosi, si misero a ballare fra loro mentre gli elfi rincorrevano le lucciole e le ninfe, vestite di rosa dorato, volarono fra i rami degli alberi, dando loro una brillio aureo.
I profumi dei fiori, degli alberi, della terra si intrecciarono fra loro e divennero una sola fragranza.
Gli animali del bosco, sorpresi da tanta gioia, prima rimasero attoniti a guardare, ma  poco dopo, anche loro si unirono a quella gioia improvvisa e iniziarono,  chi a ballare e chi a cantare.
I raggi della luna non sapevano piú chi illuminare, c’érano troppe meraviglie nel bosco.
Infine, si aggiunsero le stelle. Dopo aver dipinto i loro bagliori di mille colori, li lanciarono ovunque, in cielo e sulla terra. Cielo e terra erano in festa , ma perché?

„ È arrivata la felicitá“ disse sorridendo, il vecchio gufo. 

°°°°°
Buon Natale a tutti.


°°°°°
Graziella Torboli

Dicembre 2017


martedì 5 dicembre 2017

sulla sinceritá

sulla sinceritá


Io ritengo che:
Essere sinceri con il nostro prossimo sia una cosa giusta, ma ci vuole coraggio.
Essere sinceri con se stessi é fondamentale, ma ci vuole molto..molto piú coraggio.

°°°°°

Graziella Torboli

Dicembre 2017

sabato 25 novembre 2017

Aria e luce

Buongiorno !


Aria e luce

Raggi di luce
si intrecciano,

la brezza del mattino
li avvolge,

si desta la vita,
brilla la natura

con un profondo
respiro.

°°°°°

Graziella Torboli

25 nov. 2017

giovedì 23 novembre 2017

pensiero in dialetto rivano

buongiorno


" Tuti i parla tant d'amor,
ma bisoin che i se palpa
per sentir endo lé l'cor."

°°°°°
Graziella Torboli
23 Nov. 2017

domenica 12 novembre 2017

"tegni duro" poesia in dialetto rivano



„ tegni duro“


„tegni duro“  i diseva i nosi veci,
quan che noi ne lamentevem
o qualcos ne feva mal,

Ghe credevem e tasevem,
e  parevem zo i magoni,
ne  ciucevem le sbrugnade,

„tegni duro“ i ne diseva,
no i laseva vie de mez,
senza  cocole o dolzeti,
ma tegnir i denti streti.

Se creseva a „pan e colpi“
Anca npoc intimoridi,
ma pur semper vispi e vivi.

E la voia de zugar
No la ne paseva mai,
e nventeven na bosia,
per scampar e correr via.

Fevem mile sconderole
Per poder zugar en paze,
se po i veci i ne ciapeva,
en silenzio...se sofriva.

„tegni duro“  sen’tendeva
el „fai da te“ come se usa ancoi
ciapar tut come che el vein
senza pianzer pu de tant.

e cosí aven capí da alora,
che la strada de la vita,
lé na longa rampegada
en poc dura se volem
ma che porta anca del ben.

Sen cresudi, ben o mal,
Senza tante terapie,
e mparem ancora ades,
che a rangiarse e far da soi
no se sbaglia quasi mai.


 °°°°°

Graziella Torboli

12 nov. 2017

sabato 11 novembre 2017

sull'ambizione



Sull’ambizione

Vorrei poter definire questo sentimento come l’ho vissuto nella mia famiglia.
Nell’infanzia, lo si subisce, nell’adolescenza si regge male, poi diventa quasi normale.
Mio padre era ambizioso ma molto emotivo e tenero. Mia madre , al contrario, era ambiziosa e..ambiziosa.
Lei, sosteneva la sua ambizione con l’ideologia fascista e nei suoi discorsi lodava Mussolini. Mio padre non ci teneva alla politica ed aveva vissuto la guerra e le sue conseguenze.
Il dopoguerra li trovó entrambi giovani e pronti a creare un mondo nuovo.
La creativitá di mio padre venne sorretta dall’ambizione di mia madre ed insieme ebbero molto successo.
L’attivitá di mio padre lo portó non solo ad avere successo nel lavoro, ma  coinvolse con le sue idee, tutto l’ambiente intorno a lui.
La sua creativitá e la sua ambizione erano legati alla necessitá di condividere con altri il suo successo. In effetti, ció che lui fece, viene ancora oggi ricordato dalla comunitá.
Mia madre, condivideva l’ambizione di mio padre e lo sosteneva senza sosta. In piú, riversava su di noi le sue aspettative, educandoci con idee fasciste, alimentando cosí la sua insaziabile ambizione.
I miei genitori , il mio vissuto e le conseguenze, sono il motivo centrale che mi ha spinto a riflettere sull’ambizione.
Ho notato una differenza fra i due comportamenti. Mio padre, membro attivo nel lavoro, godeva del suo successo rimanendo peró, con i piedi a terra,  mantenendo vive e autentiche le sue emozioni .
Mia madre, membro passivo nel lavoro,  lasció espandere la sua ambizione ovunque, senza pensare ad altro. Era come una cieca. Non riusciva piú a vedere oltre se stessa.
Una donna, che ha vissuto, con o per, un’immagine virtuale di se stessa.

Inevitabilmente, noi figli, fummo sommersi da problemi non facili da risolvere.
Una madre narcisista e fascista, non é facile da metabolizzare.

Mi viene da pensare: alla differenza  fra emozione e ambizione.
Non voglio dire che l’ambizione sia negativa,  ma va dosata in modo equo . Quando le diamo la prioritá su tutto il resto, diventa distruttiva perché soffoca e copre tutte le nostre emozioni . L’ambizione é molto piú forte delle emozioni e ci svuota la vita.

Le emozioni, al contrario, la riempiono.
 
°°°°°
Graziella Torboli
11 nov 2017

domenica 29 ottobre 2017

sulla ricerca della veritá



sulla ricerca della veritá


Tutti noi, condividiamo una grande insicurezza. Insistiamo a cercare una
Veritá che non cè. Chi la cerca in basso, chi la cerca in alto, a destra o a sinistra.
La nostra ricerca é cosí evidente da far sorgere intorno a noi innumerevoli  rivelatori della veritá o di tante veritá.
I „rivelatori“ ci appagano, dando una risposta alle nostre domande. Di conseguenza, danno il „via“ ad un pensiero guidato da loro.
È questo che vogliamo ? È questa la sicurezza a cui bramiamo?
Questa necessitá di sicurezze, alimenta dentro di noi la paura. Paura del vuoto, della solitudine, paura di vivere e di morire.

Ma la nostra veritá sta dentro di noi e solo noi possiamo scoprirla. Lasciare ad altri questo compito é inutile perché non potranno mai scoprirla. Mi viene un esempio: „far scalare una montagna ad altri e poi immaginarsi quanto sia bello vedere il mondo dall’alto.“ É illusione.

Curiositá e pazienza sono due elementi essenziali alla ricerca di veritá nel mondo dentro di noi.  Quando ci sembra che non siano sufficenti, allora madre natura ci aspetta.

Ascoltare il silenzio di una notte stellata, lasciarsi inebriare dai profumi del bosco, guardare all’orizzonte il tramonto del sole, osservare un fiore..........e scoprire, che noi facciamo parte di tutto questo.


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Graziella Torboli
29 ottobre 2017

domenica 1 ottobre 2017

un barlume per la vita

 


Io ritengo che:

Noi, esseri umani, quando asseriamo di essere cambiati nel nostro modo di essere, o di aver subito un cambiamento, non diciamo la veritá.
Tutti noi restiamo cosí come siamo nati, fedeli ai nostri geni.
Un cambiamento, se cosí si puó definire, potrebbe consistere nell’evolversi spiritualmente, ottenendo cosí chiarezza nel capire le nostre azioni e la capacitá di distinguere ció che ci fa bene o che ci fa male.  Acquisire consapevolezza non é un cambiamento, ma la luce che ci guida e ci fa scoprire ció che siamo, anziché continuare a vivere ció che ci costringiamo ad essere, ma che  non siamo.


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Graziella Torboli
ottobre 2017

venerdì 22 settembre 2017

voglia di ballare



voglia di ballare

Io penso, che la mia voglia di ballare sia nata con me.
Ancora in culla, raccontava mia madre, le mie gambette non stavano mai ferme e lo strisciare con i piedini sul lenzuolo, giá all’eta di tre mesi, provocava i buchi nelle  pantoffoline, che mia madre amorosamente lavorava a maglia.. Sembrava che battessi ininterrottamente il ritmo che sentivo dentro di me. Questa é una mia supposizione, ma da allora la voglia di ballare é cresciuta inconsciamente con me.
Quando ero bambina non esisteva una scuola di danza nel mio paese e anche se fosse esistita, mia madre non mi  avrebbe mai permesso di frequentarla.  Per la veritá, non mi passó mai per la mente di imparare a ballare. La mia voglia di ballare non venne mai meno, la tenevo dentro di me  in forma latente ma non senza esserne affascinata. Passai l’infanzia e l’adolescenza ad arrampicarmi sugli alberi e sui tetti, correndo senza sosta e con disperazione di mia madre, strappavo ogni vestito che mi comperava. Non lo facevo apposta, ma mi succedeva.
L’arrivo del circo era per me, l’evento dell’anno e si accampava proprio sul campo davanti a casa mia. Mi piaceva tanto il circo. Ammiravo gli artisti che facevano esercizi spericolati, gli animali addomesticati e addobbati con piume e lustrini.  Per non non parlare poi delle danzatrici, che sembrava volassero, avvolte nei  loro vestiti fatti di nastri e veli.
Andavo a vederlo con i miei genitori, ma il ricordo di ció che avevo visto mi rimaneva nella mente e lo potevo rivivere la sera, quando dal mio letto sentivo la musica e la voce del presentatore.
Mia madre ci aveva proibito di avvicinarci al circo o ai carrozzoni. Obbedire mi era impossibile, infatti andai a curiosare. Questa disobbedienza mi portó un piccolo premio, perche in quell’occasione feci la conoscenza di una bambina del circo che aveva la mia etá e che partecipava, mi disse, con un suo numero di ballo allo spettacolo. A questa notizia rimasi senza parole, ma la guardai come fosse una grande diva.  Lei mi invitó nel suo carozzone, mi sembró di entrare in una reggia. Mi disse che era ora per la sua merenda e ci sedemmo ad un tavolino sul quale sua madre aveva preparato dei biscotti ripieni di marmellata. Non avevo mai mangiato una cosa cosí buona, fu una merenda indimenticabile. Sebbene fossimo di famiglia agiata, l’educazione spartana di mia madre non ci concedeva dolcetti e leccornie. Non ero nell’etá dove si facevano confronti e pensai che se quella bambina veniva trattata cosí bene, era perché lei ballava e questo la rendeva speciale.
Il ballo era dentro di me ed io lo vivevo a modo mio, ballando ovunque mi trovavo, come sentissi sempre un ritmo.
All’etá di dieci anni, la scuola che frequentavo, organizzó uno spettacolo con due classi. Una era la mia. Dovevamo cantare delle canzoni e....ballare. Non ho parole per descrivere la mia felicitá. Devo ammettere che mi piaceva molto anche cantare che peraltro, facevo senza sosta.
Facemmo alcune prove nel teatro del paese. 
La vista del teatro, che non avevo mai visto prima, mi fece ammutolire e i miei occhi cercavano di vedere ovunque. Il teatro era vuoto  e un po buio. Potevo vedere la platea con tante poltroncine ricoperte di velluto rosso e piú in alto, nonostante la poca luce,  due piani di palchetti che sembravano delle piccole alcove. Un sogno.
Camminando sul pavimento scricchiolante del palcoscenico mi sembrava di camminare sulle nuvole. Venni ripresa piú volte dal maestro, perché ero distratta. Ma come faceva il poveretto e immaginare la mia emozione?
E venne il giorno del debutto.
La mia agitazione era grande e come sempre , quando ero agitata, mi sfogavo saltando, correndo e cantando. Per mia sfortuna, giocando con i miei fratelli, saltai su una catasta di assi e mi si infiló un chiodo in mezzo al piede. Dovetti essere medicata e con un piede infortunato il mio debutto andó in fumo. Quella fu la mia prima ed unica occasione di esibirmi sul palcoscenico. La mia delusione fu molto grande e lasció in me un ricordo amaro e indimenticabile.
La mia passione per il ballo la proiettai su mia sorella piú giovane; Livia.
Livia era una bambina silenziosa e tranquilla, e stava sempre per conto suo. Era dotata di un grande talento musicale e suonava ogni strumento musicale le capitasse in mano. Anni dopo studió musica. Il fatto che anche a lei piacesse ballare mi diede l’idea di cucirle un vestito da ballerina. A modo mio riuscii a cucire un tutu bianco che  ricavai da un vecchio lenzuolo. A lei piaque molto e anche a me. Poi misi sul giradischi un Tango e lei inizió a ballare. Ballava cosí bene che mi sentii tutta emozionata. La sera, Livia diede spettacolo per tutta la famiglia e tutti si divertirono.
Questa ed altre piccole cose successero, il ballo mi accompagnava e se non potevo ballare io, facevo ballare gli altri.
Il sogno di ballare stava ben protetto in fondo al mio cuore perché nella mia vita non c’era modo di esaudirlo.
Ero la primogenita di sette figli, quattro femmine e tre maschi. Mio padre era commerciante e lavorava sempre, in casa e fuori. Mia madre si occupava di lui e dell’uffucio, ma di noi, molto meno. Mi educó al lavoro a all’obbedienza. Cosí feci.
Passarono gli anni. Successero molte cose, ma niente poté distogliermi dalla voglia di ballare e di far ballare gli altri.
Mio padre, oltre ad essere un commerciante, era anche un ballerino. In gioventú aveva ballato in coppia, con successo, con sua sorella, Insegnó a ballare a mia madre e insieme non persero occasione per partecipare a tali eventi.
Quando si preparavano per uscire e mia madre indossava uno dei suoi stupendi vestiti da sera, io la guardavo con occhi sognanti e mi pareva la donna piú bella del mondo. Mio padre, con il suo smoking bianco e lo sguardo da latin lover, lo trovavo irresistibile.
Fu proprio questo padre „latin lover“ che alcuni anni dopo, quando compii i 18 anni, mi insegnó a ballare. Il ricordo dei miei diciotto anni? Tante lacrime versate per un’amore contestato e il primo vestito da ballo in pizzo rosso cucito dalla sarta di mia madre.
Partecipai con i miei genitori ad alcuni eventi serali e mio padre mi fece ballare, e mi insegnó come lasciarmi guidare dal partner.. Non ebbi bisogno di molte lezioni perché come ho giá detto, ballare era la mia passione. A tempo di musica i miei piedi si muovevano da soli.

A questo punto subentró l’educazione spartana di mia madre.
Al mio paese esisteva un unico locale da ballo che apriva il sabato sera. Non c’erano ancora le discoteche e il locale chiudeva all’una di notte. Mi venne proibito di frequentare da sola o con delle amiche quel locale. Gli amici maschi erano tabú.
Cercai invano delle scappatoie.
Un’anno piú tardi, con mia sorella Livia in etá raggiunta, trovai la dovuta complice per escogitare trucchi e trappole per poter andare a ballare.
Uscire di sera da casa nostra, inosservate, era quasi impossibile.
Prendemmo di mira una finestra che dava sulle scale esterne e non era troppo alta per il salto  che dovevamo fare. Eravamo molto agili. Aspettavamo che i genitori uscissero, che il guardiano non ci fosse, che i fratelli dormissero, e poi via.  Al ritorno, avevamo la difficoltá di risalire in camera. ma insieme ci aiutavamo. Quanta adrenalina.!
Mi si chiede se venimmo scoperte? Ma certo! Qualcuno aveva fatto la spia, prima o poi doveva succedere.
Di conseguenza, mi ritrovai a trascorrere le serate del sabato sera con i gomiti appoggiati al davanzale della finestra di camera mia, ad ascoltare la musica che veniva da fuori, a guardare il cielo stellato ed a fantasticare sull’ombra della grande montagna che si ergeva davanti al paese.
Passó il tempo.  Arrivó il giorno che mi vide sposare l’uomo della mia vita.
Mi trasferii con lui all’estero, in Germania, molto lontana dalla mia famiglia.
Purtroppo l’uomo della mia vita non sapeva ballare. Era proprio negato. Ballava contando uno..due..tre.. per stare al  ritmo. Ballare con lui era per me una vera sofferenza.
Ricordo di una festa da ballo con gli amici di mio marito. Eravamo seduti insieme e tutti parlavano e discutevano, mentre l’orchestra ci regalava una stupenda musica da ballo. Io stavo seduta, zitta, e aspettavo che mio marito si decidesse a farmi ballare. Purtroppo, nonostante la mia impazienza, lui non si lasció scomporre. La sofferenza che provavo mi fece venir voglia di piangere ma dovetti ingoiare le lacrime per non rovinarmi il trucco. Quella sera ero cosí adirata che per la prima volta pensai di rinunciare a partecipare con lui ad altre feste da ballo.

Un giorno vennero a trovarci i miei genitori.
La sera andammo tutti insieme a ballare. Senza indugio chiesi a mio padre di farmi ballare. Non vedevo l’ora di volteggiare. Mio marito si ingelosí e mi portó il broncio per vari giorni, ma non riuscí a farmi sentire in colpa.

I primi quindici anni anni di matrimonio li trascorsi con pochi balli e molte gravidanze. Ebbi sette figli, cinque femmine e due maschi.
La mia vita di madre fu stupenda.
Quando la mia figlia maggiore compí  sei anni, la portai a scuola di danza. Man mano che gli altri crescevano portavo anche loro. Tutti i miei figli hanno fatto danza per circa dieci anni. Tutto sommato, per quattordici anni li ho portati due volte la settimana a ballare. Ho trascorso innumerevoli pomeriggi nello spogliatoio della scuola lavorando a maglia, leggendo o conversando con altre madri. Ma nulla poteva distrarmi dal piacere di ascoltare le note del pianoforte che risuonavano dalla stanza adiacente e il tocco dei piedini che battevano il ritmo. Quei pomeriggi mi facevano sognare.
Mi capitó l’occasione di cantare in un coro. Cosa nuova per me. Era il coro della chiesa della mia cittá. Cantai in questo coro per dieci anni. Ebbi modo di conoscere da vicino la musica classica e questo mi piaque molto. Presi anche lezioni di canto per migliorare la mia voce.
Quando mi venne proposto di cantare in un coro italiano non esitai un attimo.
Cantai nel coro italiano per altri dieci anni. Cantavamo canzoni di montagna, di guerra e canzoni napoletane. Folclore italiano.
Il direttore del coro (Sandro), un maestro di musica con una voce stupenda, cantava da solista. Quando cantava, mi incantavo ad ascoltarlo, sentivo la sua voce in tutto il  corpo e gli occhi mi si riempivano di lacrime. Era veramente emozionante.
Quando scoprii che era anche un ballerino per poco non me ne innamorai.
Ebbi modo di scoprirlo quando ad una festa del coro lui mi invitó a ballare. Credevo di sognare. Ballava come un dio ed io volteggiavo con lui come mi fossero spuntate le ali.  Da bravo cavaliere si complimentó con me dicendo che ero una gran ballerina. Non perdemmo mai un’occasione per ballare insieme anche se le occasioni non capitavano spesso.
Non ricordo, oltre a mio padre e a Sandro, di aver incontrato altri uomini che amassero ballare. Molto pochi, direi.
Trascorsi gli anni  ad accudire la famiglia ed a organizzare feste di compleanno per i miei figli. Compleanni per i piccoli e per i grandi. Al centro troneggiava sempre la musica. Prima c’erano i giochi, poi si mangiava e poi si ballava fino alla fine. Tutti si divertivano e io con loro. I miei figli piú grandi avevano amici che studiavano musica e spesso la sera, venivano a trovarci e improvvisavano dei concerti. Erano serate stupende. Loro suonavano e noi ballavamo.

Ho trascorso la vita rincorrendo un sogno e cercando di trasmettere questo sogno ad altri. Un sogno che mi venne proibito, impedito, soffocato ma che non ha mai cessato di pulsare dentro il mio cuore.
Ancora oggi che sono nonna di vari nipoti, mi invade la voglia di ballare.
Ora vivo sola, i miei figli abitano tutti lontano da me, peró ci amiamo molto.
Quando sento la voglia di ballare, metto un CD di valzer  di Strauss nel giradischi e prendo a volteggiare dalla cucina al salotto con grande felicitá e soddisfazione.

  
PS. Gli anni passano ma i sogni restano.

°°°°°

Graziella Torboli

Settembre 2017



martedì 5 settembre 2017

Parla il cuore



Parla il cuore


Sto nascosto,
e son protetto,
sono sempre in movimento,
ogni cosa vedo e sento.

Sento tutto ció che brami,
sento tutte le incertezze,
sento tutte le tristezze.

Ascolta i miei battiti,
che ti parlano
che ti guidano,
ascolta cosa dicono,

non piangere,
non aver paura,
cerca l’amore,
cerca il tuo amore.

Se ti invade la paura,
che si prende, spazio e tempo,
io mi sento incatenato,
non cosí io sono nato.

Ma tu spesso sei distratto
Non  ascolti ció che dico,
preferisci non capire,
e mi lasci lí, a soffrire.

I tuoi infidi mezzucci
Per nasconder ció che senti,
sono solo dei misfatti,
mi indispone, tu lo sai,
ed a me fa male assai.

Ho bisogno di attenzione,
per guidare le tue azioni,
batto forte, batto lento,
e sussurro: stai attento.

Nel silenzio  della mente
Solo me riesci a sentire
E ti cullo dolcemente
Con amore senza fine.


°°°°°°

Graziella Torboli
Settembre 2017


giovedì 31 agosto 2017

ancora salsa....




La torrida estate non ci ha impedito di fare la nostra tradizionale salsa. Il nucleo famigliare aumenta sempre di piú. Quest'anno la quantitá dei pomodori é salita a 400 Kg. Due giorni di lavoro e tanta allegria. La salsa é riuscita squisita.

Agosto 2017

venerdì 21 luglio 2017

la mente in gabbia


La mente in gabbia


Vuole evadere la mente,
non vuole limiti
di culture e tradizioni,
altro non sono che abitudini,
rituali oscurati,
da una societá corrotta
e seguace della cupidigia,

Evade la mente
nello spazio,
vede stelle, pianeti,
galassie e buchi neri,
energie infinite,
spazi senza fine,

Dov’é il pianeta terra?
quel pianeta pieno di vita
e di presunzione?
é invisibile, sparito,
ingoiato dall’infinito.

Perché ci sentiamo cosí grandi?


°°°°°

Graziella Torboli

Luglio 2017

lunedì 10 luglio 2017

7.7.2017



7.7.2017

Scrivendo questa data, mi sono detta: „ma quanti sette nella data di oggi „. Lo so che non é una cosa insolita, ma questa mattina il mio pensiero si é fermato al numero sette. „Mi piace questo numero“,  l’ho pronunciato piú volte ad alta voce  e mi é sembrato di vederlo saltare da un punto all’altro della stanza. Mi ha dato l’impressione di un numero vivace, sicuro, deciso. Cosí, ho continuato a pensare anche agli altri numeri e a ció che spontaneamente mi ispiravano. Il numero otto ripetendolo piú volte mi é sembrato che rimbalzasse come una pallina, mi é piaciuto. Infatti, anche lui é determinato ma a differenza del numero sette, é dotato di una certa morbidezza che lo rende piú amabile, docile. Poi mi piace il numero tre , perché é scattante e sicuro di sé. Il numero tre, non salta e non rimbalza, ma controlla la sua posizione con molta determinazione. Il numero uno, é un numero solitario e bisognoso di compagnia. Il numero due non é solitario ma un pó malinconico, peró é un numero serio, posato e sul quale si puó fare affidamento.
I numeri quattro e  cinque non mi soddisfano molto, perché la lettera Q li indurisce e non li lascia scorrere. Il numero sei e il numero nove, anche pronunciandoli piú volte a voce alta, mi sono sembrati molto monotoni e un po languidi.
Escludendo tutte le interpretazioni spicologiche e scientifiche che si conoscono, mi pare divertente interpretare i loro suoni, l’effetto che provocano in me.
I numeri sono la mia passione e il loro fascino é infinito. Mi piace pensare che loro fanno parte della vita e sono ovunque. Mi piace giocare con loro, facendo dei giochi o esercizi di matematica o cercandoli nei petali dei fiori e nelle foglie degli alberi.


°°°°°

Graziella Torboli
7 luglio 2017

martedì 27 giugno 2017

I colori e la natura



I colori e la natura


Danzano i colori
intorno a me,

li guardo,
danzo con loro,
vorrei essere una luce,
per farli sempre brillare.

Vorrei essere  un’ arcobaleno,
Che s’inarca verso il cielo
Sfoggiando i suoi colori
Con dolcezza e armonia.

Vorrei abbracciare i campi di  fiori,
i boschi e le foreste
il mare e le montagne
e perdermi nei loro colori infiniti.

I colori,
l’anima della natura
il suo linguaggio,
il suo sorriso, il suo dono.

°°°°°

Graziella Torboli

giugno 2017


giovedì 22 giugno 2017

Attimo



Attimo

Stormi di leggiadre rondini,
si rincorrono, alte  nel cielo,
fra  nuvolette  rosate
dal tramonto.

Un gabbiano si posa
sul tetto della casa vicina,
e lancia un grido stonato,
rumoroso.

Scende la sera.
Il mare,
separato da case e alberghi,
non lascia udire il suo mormorio.

Mi giunge il suo profumo
e odo con la mente
l’infrangere delle onde
sulla spiaggia sabbiosa.

°°°°°°
Graziella Torboli
Giugno 2017

mercoledì 21 giugno 2017

Sogno



Sogno

Lingue  di fuoco
bruciano  il presente,
il risveglio  di un vulcano,
che pareva spento.

Lotta il presente,
con la mente  alata,
rincorre  nei cieli,
nuvole  dorate.

Sparisce il tempo,
nel sogno d’oblio,
e appare l’infinito
che non conosce  l’-io-.

°°°°°
Graziella Torboli
2017



lunedì 1 maggio 2017

Chi sono?


Chi sono?
  
Son allegra, ma anche - no.
Son sincera, ma anche - no.
Son gentile, ma anche - no.
Son paziente, ma anche – no.
Son superba, ma anche - no.
Son generosa, ma anche - no.
Son creativa, ma anche -  no.
Son coraggiosa, ma anche – no.

Sono, sono, sono.........
Ma io, chi sono?

„ L’essere, ma anche -  no“
é la nostra veritá,
é un punto di incontro
o un punto di scontro,
fra illusione e realtá
fra chiarezza e oscuritá.

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Graziella Torboli
1 maggio 2017

mercoledì 1 marzo 2017

La Vanità



La Vanità

Questa mattina, al sorgere del sole, mi sono incantata a guardare il cielo e i colori dell’alba.
Uno spettacolo di sublime bellezza, che mi ha fatto  pensare allo sbocciar di un fiore.
Poi il mio pensiero ha incominciato a vagare e mi sorpresi a pensare alla vanità.
La natura non è vanitosa, ma noi, suoi figli, lo siamo. „Come mai ?“ mi sono chiesta. Non ho trovato la risposta ma mi è venuto da riflettere sulla vanità. Che cos’è la nostra vanità?

È quella cosa che offusca la nostra integrità, come un’ombra che ci oscura quando crediamo di brillare.
La vanità ci porta ad ostentare ciò che non siamo ma che vorremmo essere.
La vanità si nutre di elogi e finzioni, compiacendosi di tutto ciò che a lei si inchina.
È di grande importanza individuare“ la nostra vanità“ per evitare che invada  la nostra vita e diventi, come si suol dire:“ la serva padrona.“


°°°°°°
Graziella Torboli

1 marzo 2017


domenica 8 gennaio 2017

Cercar le stelle...



 Cercar le stelle.....


Non giova cercar le stelle
nei cieli del passato,
o cercar la vita, nel vissuto,

La vita é come l'acqua,
che scorre morbida,
senza indugio e senza sosta,

cerca , trova, prende,
ma non trattiene nulla,
cerca e trova il suo percorso,
sempre nuovo, sconosciuto,

brilla rilucente al sole,
abbraccia la pioggia,
sorride al cielo,
e scorre... scorre.....ma non rincorre.

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Graziella Torboli
gennaio 2017



giovedì 5 gennaio 2017

un sorriso rosa



Un sorriso rosa

Mi piace alzarmi di buon mattino e assistere al sorgere del sole.
Questa mattina il cielo mi ha sorriso, o almeno io l’ho interpretato cosí.
Ammirando a levante il cielo terso e dipinto dai colori dell'aurora, ho notato una nuvoletta, era l’unica ad occupare lo spazio celeste. Era di colore rosa dorato e aveva la forma di una grande bocca sorridente. Sono rimasta affascinata a guardare questa insolita immagine. Ho preso per me questo sorriso e guardandola ho detto“ grazie“.
Dopo pochi minuti era completamente sparita.
Ora, sorge il sole.

°°°°°

Graziella Torboli 
gennaio 2017