mercoledì 28 novembre 2012

Il capo


Amara esperienza al lavoro


È molto difficile da sopportare
un Capo che non sa cosa fare.
L´uomo frustrato
é uno Capo malandato,
La sua conoscenza
non é competenza,
cosí la sua voce non giunge al bersaglio
ma resta nell´aria e sembra un abbaglio.
Il Capo poverino, si sveglia al mattino
si crede delfino e fa il sopraffino.
Finché sta allo specchio sostiene la parte
ma poi nel lavoro, lo scoglionano in coro.



Graziella Torboli
2001

Der Sturm


Der Sturm


Der Sturm,
hebt, durchdringt,
schüttelt, lüftet,
reißt, vernichtet.

Der Sturm,
unsichtbare Kraft,
unhaltbare Kraft,
nichts schonend.

Gegen der Sturm gehen,
gegen das Schicksal gehen,
vorgebeugte Gestalten
mit geschlossene Augen.


Graziella Torboli, 1992

martedì 20 novembre 2012

Sensazioni

La tenerezza

La tenerezza e´come il profumo di un prato in fiore.
E´un profumo indefinibile, di tanti fiori ed erbe.
Ti avvolge, ti inebria, ti incanta,
e calde lacrime scorrono sul tuo viso.

°°°°°
Graziella Torboli
2012

lunedì 19 novembre 2012

Compleanno di Verena


A Verena


Una tenera piantina
ben curiosa e birichina
prese un di´la decisione
di far ombra al solleone.

Se ne ando´dal caldo nido
per veder dov'era il sole
ma le molte vie d'intorno
le confusero lo sguardo.

Prese a crescer la piantina
ben curiosa e birichina
fra tristezza ed allegria
ma cercava la sua via.

Un bel di´guardando in alto
vide un fil di luce d´oro
prese a ridere il suo cuore
e non smise di sperare.

E verra´per la piantina
or piu´grande e piu´carina
anche il giorno per amare
ma non prima di.. sbocciare.


Con tanto tanto affetto
Mamma.
19 nov. 1999


Graziella Torboli

sabato 17 novembre 2012

zum Licht


Zum Licht

Laß Dein Leben sich abrunden,
sei ihm nicht im Wege.

Es ist zu Dir gekommen,
halte es lieb,
genieße es,
liebe es.

Laß Dich nicht entmutigen
wenn das Böse kommt.

Hebe Dein Kopf,
sehe zum Licht.

Das Licht wird dir leuchten.

°°°°°

Graziella Torboli
1987

La vita chiese...






La vita chiese...


Un giorno la Vita mi disse: vieni?
io dissi no, e sposai mio marito.
Piú tardi mi disse ancora: vieni ?
io dissi si, e lasciai mio marito.


°°°°°

Graziella Torboli 
1987

venerdì 9 novembre 2012

9 novembre 2012

Oggi e`venerdi, 9 novembre 2012.
Per me e´un grande anniversario perche´il 9 novembre 2009 ho traslocato e sono tornata definitivamente in Italia dopo ben 44 anni di vita in Germania.
Non e´stata una decisione facile ma era un mio sogno. Tornare in Italia.
Io ho sempre creduto ai sogni. Si possono avverare.
Sono molto contenta d'aver dato una svolta alla mia vita.


Graziella Torboli

giovedì 8 novembre 2012

Al Bar


Al Bar


E`una mattina fredda e piovigginosa di novembre.
Sono uscita con l’ombrello per fare delle commissioni.
Dopo essere entrata ed uscita da un paio di negozi, ho avuto voglia di un cappuccino caldo.
Cosí sono entrata in un Bar. Era un Bar piccolo e intimo. La barista era una giovane donna e stava discutendo animatamente con un amico sulle funzioni del suo telefonino.
Mi saluto´gentilmente ed io ordinai il mio cappuccino.
Mentre attendevo al banco  osservai l’ambiente.
C’erano pochi tavoli ed a ogni tavolo sedeva un cliente. Li contai. Erano otto. Tutti otto sedevano soli e armeggiavano con il loro telefonino.
Testa bassa e silenzio. Tutto era silenzio. Nessuno parlava.  Il conoscente della barista  era andato via. Bevvi il mio cappuccino e continuai a guardarmi intorno pensando - Dove sono finiti  i bar rumorosi e allegri , il punto di ritrovo con amici che ridevano e si raccontavano i pettegolezzi del paese? Non parliamo poi delle animate discussioni sportive. Era un vero spasso stare ad ascoltarle.-
Tutto era silenzio. Rimasi allibita ad osservare. Nessuno alzava la testa.
Sobbalzai ad un tratto sentendo la voce della barista che guardando verso la strada gridava:
-Oh! Arriva il mio bambino, il mio amore! -
Guardai anch’io in quella direzione e contemporaneamente sentii l’abbaiare di un cane. Era un cane grande e nero.
La barista continuava a gesticolare ed a gridare e ridere verso il cane che tutto agitato guardava la barista  attraverso la finestra del Bar. Poi, lei disse, riferendosi a noi, suoi clienti:- Lui abbaia perche`vuole che io esca, ma ora non posso.-
Il cane continuava ad abbaiare. Nel bar persisteva il silenzio.
Io finii di bere il mio cappuccino e me ne andai pensando con tristezza che il mondo stava veramente cambiando....aprii il mio ombrello e camminai verso casa ascoltando il  ticchettio  della pioggia.



°°°°°°
Graziella Torboli
 2012

sabato 3 novembre 2012

piccola favola...


Il bruco spensierato    

In mezzo a un grande bosco , in mezzo a fresche verzure e fiori, viveva un bruco nero.
Era grasso , peloso ed aveva sempre fame.
Il bosco era la sua casa . Tutti i vicini lo conoscevano ma non era molto benvoluto perché era piú svelto degli altri e si mangiava sempre le foglie piú fresche.
Era un bruco allegro e bonaccione e non capiva il perché gli altri ce l´avessero con lui.
Tutti lo conoscevano, lo salutavano peró non aveva amici. Fu cosí che il bruco nero si abituó a starsene da solo ed a sognare.
Dopo i suoi succulenti pranzetti, soleva mettersi sotto una grande foglia verde per riposare e per osservare la vita intorno a lui.
Piú di tutto lo incantava il canto degli uccelli, il loro svolazzare, la loro libertá.
Anche se gli uccelli erano i suoi piú grandi nemici, il bruco nero sognava ad occhi aperti di essere come loro, di volare nel cielo azzurro e di cantare a squarciagola.
Sotto la grande foglia verde, sognava il bruco nero e non vedeva nemmeno le formiche, che passando indaffarate vicino a lui, scrollavano il capo e lo chiamavano fannullone.
Dopo tanto sognare gli tornava la fame, cosí il bruco ricominciava le sue scorpacciate di verdi germogli e si godeva la vita.
Poi guardava di nuovo gli uccelli e pensava:“cosa darei per volare anch´io.- e guardava tutte le sue gambette pensando che le avrebbe date volentieri in cambio di due ali.
Passó il tempo. Un bel giorno il bruco nero si accorse di non avere piú il solito appetito.
I verdi germogli non lo attiravano piú di tanto, cercó un pó qua ed un pó la, ma
niente piú gli solletticava l´appetito. Il bruco nero, allegro e bonaccione divenne triste.
Seduto sotto la foglia verde, invece di sognare incominció a pensare. : Forse dovró cambiare bosco ? Forse troveró lá qualche cosa che mi piacerá?
Fu cosí che il bruco nero si mise in cammino alla ricerca di cibi appetitosi.
Dopo giorni e giorni di cammino, il bruco nero arrivó in una radura, ricca di fiori e piante mai viste prima. Felice ed affamato il bruco nero si tuffó fra le ricche verzure e prese a cercare cosa le piacesse. Da lí a un pó, intorno a lui si sollevarono voci di protesta e minacce.
Chi sei? Che cosa vuoi? Vattene via, vattene a casa tua!
Gli abitanti del bosco si avvicinarono e minacciandolo con dei bastoni  lo fecero scappare a gambe levate.
Il bruco nero si diede a correre con la forza di tutte le sue gambe e non si fermó finché
non cadde spossato e senza fiato vicino ad un allegro ruscello che scendeva fresco fresco dalla montagna vicina.
Il ruscello offrí da bere al bruco nero che subito si sentí meglio e gli ritornó la forza per guardarsi intorno.
Una rana, che seduta fra l'erba stava facendo una serenata alla pioggia, vedendo il bruco nero, interruppe di colpo il suo canto per chiedere curiosa:  Chi sei? Da dove vieno? Mi sembri un pó malconcio. Che cosa ti é successo?
Il bruco nero, dopo aver preso fiato raccontó alla rana la sua storia e le disse che da tanto non mangiava e che si sentiva molto debole.
La rana, saltellando e quaccando pensava intanto a come aiutare il suo nuovo amico.
Dopo un pó disse: Perché non provi a scavare nella terra come i lombrichi ? Forse troverai la sotto qualcosa che ti fará tornare l 'appetito.
Il bruco nero pensó un attimo e poi prese a scavare di gran foga. Dopo aver scavato per un tempo che gli sembrava lunghissimo, il bruco si trovó in una lunga galleria scura scura dove a mala pena poteva vedere qualcosa. Provó a mangiare un pó di terra umida e nonostante avesse un sapore che non conosceva le piaque, e ne mangió ancora finché fu sazio.
Giú, sotto terra scoprí un mondo nuovo e fece conoscenza con animali mai visti prima.
Ascoltó tante storie e anche lui ne raccontó alcune.
Stava bene , laggiú al riparo dagli uccelli, peró rimpiangeva il loro canto.
Passó altro tempo. Il bruco nero si nutriva di terra e radici, aveva riaquistato se non del tutto , una parte del suo appetito e si sentiva a casa sua.
Passava ore ad aiutare o a chiaccherare con la sua nuova amica, la talpa.
Oh, la sua amica talpa sapeva un sacco di cose, sapeva quello che succedeva sopra e sotto la terra.“ Peccato che sia cieca“ pensava il bruco, e si meravigliava
che nonostante non vedesse, conoscesse si tante cose.
Un giorno, incuriosito piú del solito, il bruco nero chiese alla sua amica talpa,
come lei avesse imparato  tanto  se non poteva vedere nulla.
Lei rispose sorridendo: Io ascolto.
Il bruco nero pensó a lungo. Lui che si godeva tanto a guardarsi intorno, non riusciva a capire .
Un giorno la talpa disse: Mio caro bruco nero, tu giri, giri, cerchi sotto e sopra la terra cibi appetitosi per riempirti la pancia e per farti sognare, é chiaro che non ti basta .
Mangiare non ti basta piú, il tuo appetito non riesce piú a soddisfarti, a sostenerti.
Tu devi imparare ad ascoltare te e non solo gli uccelli.
Il bruco nero rimase interdetto dalla sorpresa, non riusciva a capire.
Ascoltare me? pensava, „ Perché?“.
La talpa non disse altro e rimase in silenzio ad ascoltare il sottile ma affannato respiro del bruco nero.
Parlo´il bruco nero e chiese alla talpa“ che cosa devo fare?“
La talpa rispose: „ Se tu non sai che cosa fare e dove andare, devi dormire, dormire a lungo. Arrotolati con tutte le tue gambe, abbracciati e dormi. Quando ti sveglierai non avrai piú bisogno di sognare bensí di vivere la tua vita.
Il bruco nero seguí il consiglio della Talpa, si arrotoló, si abbracció, chiuse gli occhi e sentí un gran calore intorno a sé.
Dormí tanti giorni e tante notti mentre la talpa continuava a scavare, scavare e ad ascoltare.
Un bel mattino il bruco nero si sveglió di sopprassalto. Si sentiva intorpidito e affamato, ma tanto affamato che avrebbe mangiato ogni cosa.
Provó a srotolarsi, a sgranchirsi la gambe, ma c´era qualcosa che lo impediva.
Tutto era buio intorno a lui, e la talpa chissá dov´era.
Il bruco nero prese e trascinarsi, a spingersi, a provare con tutte le sue forze per uscire
alla luce e vedere che cosa gli impediva di muovere le gambe.
Finalmente vide un filo di luce, prese coraggio e si spinse sempre piú su con le ultime forze che li rimanevano e si diceva „ Voglio vedere che cosa mi tiene stretto, che cosa non mi fa camminare.“
Ecco la luce! Vedo  l'erba ! Evviva ! A me, dolci germogli !
Il bruco nero uscí dal buco sotto la terra e fece per muovere le gambe e correre quando una folata di vento primaverile lo sollevó in alto e gli spiegó le sue variopinte ali di farfalla.
Il bruco nero diventato Farfalla gridó: Volo! Volo!  e si tuffó felice in un grande  campo di fiori gialli.


°°°°°

Graziella Torboli
2001