mercoledì 31 ottobre 2018

il temporale



Il temporale


Vuol far capolino il sole,
Ma cumuli di nuvole nere
Si accaniscono contro
L’azzurro del cielo.

Il giorno é un’ombra grigia
Raffiche di vento scuotono
Le fronde degli alberi.

Foglie colorate dall’autunno
sollevate dal vento,
sfrecciano nell’aria
come uccelli impauriti.

Un tuono, un lampo,
il rombante rumore della pioggia
che scrosciante si abbatte
contro i vetri delle finestre.
Mentre io, osservo.


°°°°°

Graziella torboli
31 ottobre 2018



martedì 30 ottobre 2018

una vita, tante vite





Una vita, tante vite

La  vita, son tante vite,
esplosione di forme e colori,
di immagini felici
di sguardi amorosi.

Incontri bianchi e neri,
turbini di paura e audacia,
cuori feriti e lacrime di sangue,

Corsa alla felicitá
Che fugge e ci deride,
per la nostra ingenuitá.

E sempre soli,
nell’Instancabile ricerca
dello Sconosciuto.


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Graziella Torboli

30 ottobre 2018

venerdì 12 ottobre 2018

Pensiero sull'immagine di sé

 
Pensiero sull’immagine  di sé


Mi sto chiedendo, di come o da cosa nasca l’immagine che  costruiamo di noi stessi. Quando si dice : io sono cosí,  sono fatto cosí , voglio essere cosí ecc: - cosa  vogliamo dire veramente? Quanto siamo autentici e quanto siamo immagine? Siamo veramente ció che ci immaginiamo di essere? O soltanto lo vogliamo?

Da cosa viene costruita la nostra immagine? O forse, non viene costruita, ma nasce spontaneamente nel corso della nostra vita? E`un’immagine fissa, cioé statica o un’immagine momentanea?

È possibile, che giorno dopo giorno, confrontandoci con amici, parenti, con la societá e tutti i prototipi che ci vengono sciorinati dai Media, ci si dimentichi di avere una individualitá ?  E creare un' immagine di se, che vada bene a tutti o quasi ? Come si suol dire: che stia bene nel mazzo?

Io penso, che per ognuno di noi sia normale il cercare un’immagine di sé.
Chi sono? Come sono? Cosa mi piace? Cosa non mi piace? Cosa voglio?. L’immagine di sé puó essere vera, ma anche no.
Cercare se stessi, significa creare un’immagine di sé a nostro piacere
 o diventare consapevoli di ció che siamo?

Penso che sí, che si voglia scoprire che cosa cé in noi, farci un’idea di chi siamo. E`una riflessione necessaria, che, anche in particolari apparentemente insignificanti, da sempre nuovi impulsi alla conoscenza di sé.

L’immagine di sé, non deve e non puó essere statica, perché é sempre in movimento. Si forma dalla la nostra vita.
La nostra immagine, quella che noi pensiamo di conoscere,  si muove come il tempo, non si ferma mai. E come potrebbe fermarsi? La vita ci pone davanti agli occhi una situazione dopo l’altra, che ci danno modo di pensare, riflettere, scoprire cose nuove, fuori e dentro di noi. Praticamente, la nostra immagine viene sottoposta senza sosta a cambiamenti, e quella che crediamo di conoscere, é giá nel passato.

Epilogo:

L’immagine di sé, im movimento, é la nostra vita.

L’immagine di sé, statica , non é vita.

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Graziella Torboli
ottobre 2018

giovedì 11 ottobre 2018

visione di vita



Visione di vita

Bagliori di effetti speciali,
grattacieli che oscurano il giorno
rumori assordanti
aria stantia.

Carosello senza speranza,
vortici infiniti
che ostentano una vita,
senza vita.

Dov’é il mio albero?


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Graziella Torboli
11.10.2018

giovedì 4 ottobre 2018

pensiero sulla delusione



Pensiero sulla delusione.


Cos'é la delusione?
È la figlia dell’illusione.  Un’effetto causale.

E´aspettarsi dagli altri delle cose che pensiamo o speriamo  di poter ricevere  .
La delusione  trova anche  conferma,  da chi vuole  essere  o si illude  di  essere migliore.
Quando si agisce con autenticitá e consapevolezzanon si danno spazi alla delusione, bensì alla comprensione di se e di chi ci sta intorno.


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Graziella Torboli
4 ottobre 2018

mercoledì 5 settembre 2018

emozione



emozione

E´ l’ora del tramonto,
lunghi  raggi di sole si posano
sulle cime degli  alberi,
una leggera brezza scuote le fronde.

Le note di una danza ungherese,
invadono lo spazio  intorno,
e come  per incanto
sorge un momento  magico.


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Graziella Torboli

5 settembre 2018


mercoledì 8 agosto 2018

Sensazione



Sensazione

Il mare mi avvolge
Nuoto

Un’onda mi sommerge
Mi sconvolge
Nuoto

Sono stanca, cerco la spiaggia
Invisibile
Voglio avere coraggio
Nuoto

Vedo la spiaggia
Un’onda mi spinge
Con forza sulla rena

Sento il tepore del sole
La carezza del vento
Chiudo gli occhi
Riposo. Sogno.

Ma ancora un’onda mi trascina in mare
Come una conchiglia vuota,
Continuo a nuotare nuotare

In attesa
Di scoprire una nuova spiaggia.


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Graziella Torboli
Luglio 2018

giovedì 19 luglio 2018

Elena e Pina

Una storia vera

Elena e Pina

La madre stava morendo e tutti i suoi figli a parte la figlia Pina, stavano intorno a lei per ascoltare le sue ultime parole. La figlia Elena l’aveva accudita per tutto il percorso della malattia. La figlia Pina era sposata e abitava a Riva del Garda, di conseguenza non aveva avuto modo di andare spesso ad Aviano a trovare la madre anche perché negli anni cinquanta i mezzi di trasporto non erano sempre a disposizione, specialmente per una emergenza.
Alcuni mesi  prima, durante un ricovero della madre in ospedale, Pina andó a farle visita e per darle un po´di conforto le donó una lettera scritta da Padre Marco di Aviano che le era stata regalata da un vecchio sacerdote, don Virginio. Detto sacerdote,  abitava vicino a lei e  avendo appreso che lei era di Aviano ed era tanto religiosa, pensó di farle un regalo gradito.   
Durante il percorso della malattia, la madre raccontò a Elena della lettera preziosa in suo possesso e scritta a mano da Padre Marco di Aviano pregandola, alla sua morte, di consegnarla alla Chiesa.
Elena mantenne la promessa.. Dopo il funerale della madre, si recó dal parroco di Castello di Aviano, il paese dove lei abitava, per consegnare la preziosa lettera.

Elena era una donna molto umile e buona. Aveva partorito tre figlie ma il marito se ne era andato a lavorare a Venezia lasciandola sola con le tre figlie e i due suoceri. L’aiuto materiale del marito consisteva in pochi spiccioli . Lei faceva dei lavoretti qua e la per poter sfamare la famiglia ma l’accudire a tutti le costava  molto tempo e le impediva di stare fuori casa per guadagnare abbastanza.  Cosí trascorse alcuni anni a tribulare per un pezzo di pane.
Infine apprese che il marito aveva trovato un’altra donna e per questa ragione aveva tagliato i mezzi alla famiglia. Elena continuó a mostrare il suo sorriso e man mano che le figlie crescevano si impegnava a cercare lavoro per far fronte alle spese della famiglia. 
Si prendeva tempo per far opere di bene o assistere i parenti quando si ammalavano o erano morenti. Era una donna molto semplice e generosa, ma sua sorella Pina la chiamava tonta.

Pina era una donna ambiziosa. La sua infanzia, in una casa di contadini non benestanti, le aveva alimentato il desiderio di avere di piú, di avere una vita agiata. Era una donna bella ed aveva una voce formidabile, un dono della natura che lei avrebbe voluto vivere sul palcoscenico con onori e applausi.  Invece sposó un commerciante di Riva del Garda che aveva conosciuto a Venezia, quando lei lavorava in un albergo come cameriera. Così sparì il suo sogno di gloria ma non quello che le suggeriva la sua ambizione.Voleva emergere, essere importante, essere considerata.
Dopo sposata, Pina  andó ad abitare in una villa, e tutti in famiglia e al paese, la ritennero fortunata. Elena, andava di tanto in tanto a far visita alla sorella ma i loro rapporti furono sempre disturbati dalla superbia di Pina che non perdeva mai l’occasione per far sentire Elena una stupida.  L’unica cosa che avevano in comune era la chiesa Cattolica. La loro fede. Ma anche qui c’erano delle differenze da osservare.  Elena, credente attiva ma non bigotta. Aveva sofferto molto e la sua fede le faceva da supporto per sostenere la sua vita difficile. Raccontando dei fatti non moralizzava mai, spesso si stupiva delle cose cattive che succedevano e aveva per tutti una parola buona. Insomma Elena era una bella persona che non faceva male a nessuno e dava quello che aveva.
Pina era diversa. La sua fede la viveva da bigotta. Vedeva nei preti e nelle suore delle persone vicine a Dio e lei seguiva il loro esempio e i loro consigli convinta di avere Dio dalla sua parte. Intratteneva la famiglia con dicorsi di umiltà e amore, prendendo se stessa come esempio. La sua ambizione non era solo materiale ma anche spirituale. Mirava ad alte cime e si circondava di gente che la confermavano.
Non sopportava di essere contraddetta ed usava la sua grande forza di convinzione per portare chiunque a darle ragione.

Due sorelle, educate dalla stessa madre, ma due mondi cosí diversi da non potersi mai incontrare. Solo Elena aveva potuto resistere al difficile carattere di Pina, e fu grazie a lei se i loro rapporti rimasero aperti fino al giorno in cui successe il fatto che ora descriveró.
Erano trascorsi circa quaranta anni dalla donazione della lettera al parroco di Castello di Aviano. Nessuno  aveva mai più fatto accenno alla lettera e tantomeno Pina.

Ad Aviano non si parlava d’altro. La notizia correva da una casa all’altra. Tutti ne parlavano.
Padre Marco era stato dichiarato Beato dal Santo Padre. !
Una notizia da togliere il fiato agli abitanti di Aviano e dei paesi intorno.
Naturalmente Pina fu subito informata dalle sue sorelle.  Dopo lo  scoppio di euforica gioia, Pina pensò subito alla lettera che anni addietro lei  aveva donato alla madre. Il suo cuore fece un balzo e spaventata si chiese: „Ma dove è finita la lettera di Padre Marco?“
Pina ricordó questo fatto a modo suo cioé, che la lettera era stata regalata a lei e lei l’aveva imprestata a sua madre.
Telefonó direttamente a sua sorella Elena, perchè solo lei poteva saperne qualche cosa, e chiese dove fosse la lettera.
„L’ho donata alla Parrocchia  di Castello di Aviano tanti anni fa come ha voluto la mamma“ rispose Elena.
Pina andó su tutte le furie e la insultó; poi aggiunse, che la lettera sarebbe dovuta essere donata   alla Parrocchia di Aviano e non a quella di Castello di Aviano. Alla fine ,  le gridò infuriata :“ lettera era mia, stava a me la decisione a chi donarla,  voglio riaverla subito.“
Elena rimasta di stucco ribatté „ ma non é vero, la mamma l’ha data a me e io ho fatto ció che ha detto lei“ Sei una bugiarda!“ Le gridó Pina al telefono. „Non é vero quello che dici, rivoglio subito la mia lettera. Vai dal parroco e fattela ridare.“ Fu un ordine categorico.
La povera Elena non sapeva piú che cosa fare. Era disperata. Dopo tanti anni succedeva un fatto inaspettato e lei sembrava la colpevole. Non riusciva a capacitarsi.
Pensó bene di andare dal prete di Castello di Aviano per avere un consiglio. Il prete era stato sostituito, non era piú quello al quale aveva dato la lettera peró si conoscevano e cosí lei poté raccontare il fatto. Nel frattempo, la lettera era stata incorniciata e tenuta in serbo.
Il prete ascoltó il racconto ma anche lui non sapeva che cosa dire. Alfine peró, disse chiaro e tondo che la lettera era di proprietá della chiesa e lui non poteva disporne..
Elena si mise in contatto con Pina, raccontó ció che aveva appreso dal prete di Castello e si prese altri insulti e sgridate.
Pina era fuori di se dalla rabbia. Aveva perso l’occasione di avere la lettera di un Beato nella sua casa,  di appendere la lettera nel suo salotto, di vantarsi del suo trofeo, tutto per colpa di una sorella stupida e bugiarda che aveva anche donato la lettera alla parrocchia sbagliata. Pina incolpó Elena di aver dato di proposito la lettera alla Parrocchia di Castello per vantarsi e trarne vantaggi personali. Elena era sconvolta.
Pina non si diede pervinta. Voleva ad ogni costo quella lettera. Doveva averla.

Nuovo tentativo. Chiedere aiuto al prete della parrocchia di Riva.
Pina andava in chiesa tutte le mattine, era molto devota e servile con il parroco. Andó da lui per farsi consigliare e  lo pregó con le lacrime agli occhi di contattare il parroco di Castello per farsi ridare la lettera che sua madre aveva lasciato a lei, anche se detta versione non era la verità.
Forse il Parroco , incuriosito , più dalla lettera di un Beato che dal racconto di Pina, si lasciò convincere a contattare il parroco di Castello di Aviano. 
Giorni dopo, Elena fu sorpresa di essere chiamata dal parroco di Castello di Aviano perché voleva parlarle.
Andó da lui e apprese della telefonata da parte dal parroco di Riva che lo pregava di rimandare la lettera perchè apparteneva  a Pina. Elena fu sconvolta da questa richiesta anche perché in quel momento  tutto quel  trambusto sembrava fosse stato provocato da lei e dal fatto che aveva dato alla chiesa una lettera che apparteneva alla sorella. La poveretta si sentí molto umiliata in una situazione che la faceva sentire colpevole e non sapeva come difendersi. Era allibita dalla furia di sua sorella ed ora anche il prete era sconvolto dalla situazione. Tutto per colpa sua?
Il parroco di castello si rifiutó di mandare la lettera al parroco di Riva. Ancora una volta spiegó che era proprietá della chiesa e lui non aveva l’autoritá  per prendere una tale decisione.
Pina , piú accanita che mai decise di consigliarsi con suo figlio, Attila.
Non che Attila fosse un figlio amoroso, niente di tutto questo. Lui era avido e senza scrupoli,  da premettere, che l’aveva già derubata spudoratamente più volte. Pina ne era consapevole perchè lo conosceva bene e forse sperava nell’aviditá del figlio per farsi aiutare. Infatti, quando Attila  venne a sapere  della lettera sbavó dalla voglia di possederla.
Attila escogitó un piano. Consultó delle sue conoscenze e fece scrivere  al vescovo di Trento pregandolo gentilmente che tale lettera fosse ridata a chi le apparteneva. Cioè a Pina.

Dovettero aspettare alcuni giorni prima di avere una risposta. Intanto Elena piangeva lacrime amare e non andava nemmeno piú in chiesa perché si vergognava. La storia aveva dato alito a molte voci in paese e questo non la incoraggiava certo a uscire di casa.
Pina fremeva nell’attesa di una risposta e continuava a incolpare la sorella per il suo atto stupido e disonesto. Si sfogava con le poche amiche facendosi consolare per questo fatto inaudito e naturalmente per farsi dire quanto lei fosse onesta e sincera.
Finalmente arrivó la risposta da Trento.
La lettera poteva essere imprestata a Pina per tre giorni, poi doveva essere ridata alla parrocchia di Castello di Aviano.
Pina era esultante. Arrivó la lettera incorniciata. Pina la bació e la strinse al cuore. La sua bigotteria non ebbe freno. Poi telefonó al figlio Attila per dare la notizia. Lui arrivò subito  e insieme ammirarono la lettera. Cose successe in quella stanza?  Che cosa escogitarono i due complici?  Sta di fatto che Attila, quando se ne andó,  portó via il quadro con la lettera . Lo tenne per piú giorni e poi lo riportó a Pina che, come promesso, si affrettó a riportarlo, con qualche giorno di ritardo, senza obiezioni al parroco di Riva. Perché Attila portó via il quadro con la lettera?

Perché lo tenne per diversi giorni? Non certo per ragioni religiose.



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Graziella Torboli
luglio 2018

lunedì 16 luglio 2018

attimi di gioia



Attimi di gioia

Guardo il cielo
vedo l’infinito,

guardo un fiore,
vedo la bellezza,

guardo un bimbo,
vedo la vita,

guardo l’orizzonte,
vedo il giorno.

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Graziella Torboli 2018

martedì 5 giugno 2018

Andrea pianista



Livia Torboli, insegnante di pianoforte, ha espresso con queste poche parole, la sua esperienza sull’insegnamento, con un ragazzo disabile, affetto da sindrome di Down. Il suo lungo lavoro é stato compensato . Andrea  é riuscito a raggiungere un livello di interpretazioni al pianoforte, a giudizio di persone competenti, non solo inaspettato ma anche unico.

„ Il preconcetto é un ostacolo che ci impedisce di vedere la persona che abbiamo di fronte, limita le loro e le nostre possibilitá di comunicazione e di reciproco apprendimento.
Non é facile liberarsi dai preconcetti che sono radicati anche nella nostra cultura e nel nostro modo di pensare. Ma possiamo provarci.
É un percorso che per quanto mi riguarda ha aperto tante porte piene di sorprese e di scoperte.
Andrea mi ha insegnato a non dare niente per scontato, a guardare le cose da diversi punti di vista, a dare valore anche alle cose apparentemente poco importanti.
In sostanza, la diversitá che contraddistingue ciascuno di noi, puó diventare un ostacolo oppure un’infinita possibilitá di arrichimento, di crescita e di comunicazione.
Quindi, ho fatto tanto per Andrea e lui ha fatto tanto per me.“

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Livia Torboli
2018


lunedì 9 aprile 2018

Vivere



Vivere

Spazi di vita
nascosti da ombre
remote,

spazi di vita,
sommersi
da lacrime amare,

spazi di vita
imprigionati
da ignobili menzogne,

spazi di vita
colmi di illusioni.

Vita senza spazio
per vivere.

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Graziella Torboli
Aprile 2018


domenica 8 aprile 2018

voglia di spazio



Voglia di spazio 


Scende dall’alta rupe,
il pensiero,
l’orizzonte intorno a se
lo limita,
la solitudine lo acceca,
vuole evadere,
andare oltre,
trovare  cose nuove,  vere,
guardare  l’orizzonte
non basta piú,
volge  lo sguardo
verso l’alto ,
vuole volare,
nello spazio  infinito.


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Graziella Torboli
 aprile 2018

mercoledì 7 marzo 2018

I graffiti



Archita di Taranto

Archita di Taranto, l’inventore del numero 1, vissuto in Grecia nel IV sec. a C.
Matematico, filosofo, politico e amante della musica, Archita é stato il primo autore di graffiti della storia.

Si racconta che.........

Archita non tollerava di pronunciare parole volgari.
Un giorno che si era visto costretto a farlo, si era girato bruscamente verso il muro che si trovava dietro di lui e lí, voltando le spalle agli interlocutori, aveva scritto in grosse lettere la parola che si rifiutava di pronunciare.

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Io suppongo che, mio nipote Arturo sia un discendente di Archita,  peró non é un matematico e nemmeno un politico.

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Graziella Torboli

7 marzo 2018