giovedì 26 dicembre 2013

il percorso


Il percorso


Sto riflettendo sul significato „ amare se stessi“.

È una linea molto sottile da seguire, é cosí sottile che si perde di vista facilmente , ma che non si spezza; é infrangibile.
E`la linea dell’amore per noi stessi. E`la linea che ci fa sentire vivi, che ci permette di essere.
E`la linea del coraggio e della veritá. La nostra veritá. Scoprire la  veritá  di ció che siamo.
Seguire questa linea ci porta a cose nuove; ad un mondo nuovo da scoprire dentro di noi.

Immagino questa linea come il corso di un ruscello. L’acqua, se non viene interrotta ( da noi), segue un  percorso secondo le sue necessitá.
Ogni ruscello ha un percorso diverso dall’altro, ma tutti finiscono nell’unione, nel mare.
La nostra sostanza é uguale per tutti. Il percorso, é l’unica cosa individuale che ci é data.
Individuare in noi l’amore , cioé, scoprire chi veramente  siamo, é la piú grande avventura  proposta dalla Vita.

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Graziella Torboli
Dicembre 2013

mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale!!


Sorridere alla Vita come sorride un bimbo..... questo é il mio augurio di cuore, per Natale e il nuovo anno.

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Graziella Torboli
Dic. 2013

sabato 14 dicembre 2013

L' onda

L' onda

Sorge dal nulla,
una grande onda,
porta vivi ricordi,
che travolgono, confondono,
la mente pare inerte,
rimane un cuore,
scoraggiato e triste.

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Graziella Torboli
Dic. 2013

mercoledì 11 dicembre 2013

la nebbia


La nebbia

Da giorni la nebbia invade il panorama.
Tutto é sfocato, si vedono solo ombre. Ombre di case, di alberi, di passanti.  Pare un mondo invaso da fantasmi. Perfino i rumori sono ovattati. L’addobbo natalizio delle case vicine, quasi non si nota. Non posso passeggiare perché la nebbia, oltre ad avere un brutto sapore e odore, mi entra nelle ossa e non mi diverte molto. Che fare in questo avvento nebbioso?
Ho trascorso un pomeriggio bellissimo. Ho acceso la stufa ed ho fatto i biscotti per natale.
Stelline e cuori a non finire.
Ho inserito un CD nel lettore. Il flauto magico di Mozart.
Ritagliando stelle e cuori, la musica di Mozart ed il fuoco scopiettante della stufa, mi sentivo la persona piu´felice del mondo. Chi pensa piú alla nebbia quando ti splende il sole nel cuore?

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Graziella Torboli
Dic. 2013

lunedì 9 dicembre 2013

a proposito di coerenza......



A proposito di coerenza...

Ció che intendo raccontare, é un fatto che mi é accaduto alcuni anni orsono.

A quel tempo lavoravo in un collegio tedesco piuttosto famoso in Germania ed anche all’estero.
Ero stata assunta come Mentore ( precettrice), cioé dovevo occuparmi di un gruppo di scolari, tutti maschi, di etá dai 14 ai 17 anni. Il gruppo era composto da 25 ragazzi.
Il mio compito, era  badare al loro andamento scolastico ed al loro comportamento sociale.
Oltre questo, tutto il collegio dei mentori era responsabile dell’organizzazione della struttura in cui abitavamo. C’era praticamente la parte scolastica e la parte dove si viveva.
Il collegio era a pensione completa ed i ragazzi potevano tornare a casa solo durante le ferie.
Vivevo con loro, in un grande reparto formato dalle loro camere situate lungo un grande corridoio.  Alla fine del   corridoio c’era la porta del mio appartamento.
Devo dire, che per principio tenevo la mia porta aperta tutto il giorno. La porta aperta sollecita la comunicazione e questo, dal mio punto di vista, era un primo passo importante.
Il mio compito era molto faticoso e la giornata contava diciotto ore. A volte anche la notte veniva disturbata.
A parte la fatica e le difficoltá, io amavo il mio lavoro e sopratutto i miei ragazzi, comprese le loro esplosioni ormonali.
Di regola potevano rimanere nel mio reparto solo fino all’ undicesimo anno di scuola, dopo di ché gli scolari si trasferivano in un’altra ala fino alla maturitá. Perció poteva accadere che alcuni, se lo volevano, rimanessero da me per tre anni consecutivi.
Uno di questi é il protagonista del mio racconto.
Jae era coerano, vedeva i genitori nelle vacanze estive. Era venuto nel collegio all’etá di 13 anni e dopo un periodo nel reparto giovanissimi, aveva scelto di venire da me.
Era un ragazzo timido, taciturno e un dotato disegnatore. Lo vedevo spesso solo e intento a disegnare.
Per la  scuola non si affaticava piú di tanto ma rimaneva a galla. Io lo osservavo, lui manteneva le distanze.
Passó il primo anno senza nulla da ridire.
Il secondo anno cambiarono un poco le cose. Piano piano sembrava che in lui qualche cosa si svegliasse. Aveva trovato un gruppo di amici e con loro si sentiva forte.
Faceva battute, si azzuffava con altri, ed acquistava in modo palese un’aria da boss. Mi divertiva questa metamorfosi. Jae mi sbalordí, quando un bel mattino mi si presentó davanti con i capelli gialli. Non lo riconobbi subito e lui si divertí un mondo. -Sembri una pannocchia di Mais- gli dissi. Lui  rise di cuore e scappo via per andare a scuola.
Con me non manteneva piú le distanze come il primo anno, veniva spesso nel mio ufficio e mi raccontava dei piccoli fatti. Cominciava a fidarsi di me.
Anche il suo aspetto era cambiato, a parte i capelli gialli che dopo poco tempo erano diventati giallo-neri, ora lui si vestiva come voleva la moda . Pantaloni larghi e pendenti sui fianchi, scarpe slacciate e passi trascinati, capelli lunghi, in parte cadenti sul viso.
La sua espressione era di un ragazzo felice e questo mi bastava. Il suo rendimento scolastico rimaneva sempre minimo, faceva solo quello che bastava per essere promosso. Gli insegnanti si lamentavano con me ed io dovevo parlare con lui. Jae si divertiva quando mi preoccupavo per lui e cercava sempre di rassicurarmi. Io gli credevo peró lo tenevo d’occhio.
Il terzo anno Jae era ormai cresciuto o al massimo si sentiva grande, per non dire adulto.
L’undicesimo anno di scuola, poi avrebbe dovuto cambiare ambiente e mentore.
Ormai Jae mi conosceva ed io conoscevo lui. Aveva un modo commovente con me. Nonostante la discrezione che era di suo, si avvicinava sempre di piú a me e cercava di farsi notare. Per esempio, quando ero di spalle e parlavo con qualcuno o guardavo a qualche cosa,  qualcuno mi sollevava i capelli sulla nuca e poi scappava. Era sempre lui.
Il giorno del mio compleanno era il mio giorno libero ed avevo chiuso la porta. Sentii bussare ed andai ad aprire.
Jae mi stava davanti arrossato e felice con un grande mazzo di tulipani rubati dalle aiuole del collegio. Lo capii subito e lo dissi. Lui ammise ed un po´intimidito ma anche divertito mi porse i fiori. Io lo avrei abbracciato volentieri ma i fiori rubati me lo impedirono...
Il terzo anno, l’ultimo, trascorse senza problemi e Jae collaborava se non in modo perfetto ma  senz'altro disponibile.

L’ultimo giorno di scuola. Estate calda e afosa.
Non é facile descrivere ció che succede quando arrivano le ferie estive ed il collegio si svuota.
Noi mentori siamo responsabili del nostro reparto ma
la cosa che ha piú bisogno di essere organizzata, é l’immondizia.
Quando i ragazzi fanno i bagagli alla fine dell’anno, le loro valige non bastano mai, e tutto quello che hanno accumulato e non trova posto nei loro bagagli, viene buttato. Nel nostro reparto avevamo degli appositi bidoni, ma per quell’occasione, se non venivano continuamente svuotati, si formava una montagna di rifiuti. Cosí, alcuni giorni prima, avevo organizzato con i ragazzi, i turni alla discarica. Ogni mezz’ora dovevano presentarsi due di loro per portare via i bidoni. Avevo fatto una lista e l’avevo appesa sulla bacheca. La suddivisione di compiti nella convivenza non era solo una mia regola ma faceva parte delle regole educative del collegio.
C’é un fatto in queste situazioni, che sballa tutte le organizzazioni. Gli addii dei ragazzi e delle ragazze.
Nondimeno i genitori che arrivano con le loro grandi macchine e hanno fretta.
Poi ci sono i ragazzi che non vanno a casa loro, ma devono prendere o l’aereo per l’america, o per la spagna o il treno per chissá dove. Tutti quelli che non vengono prelevati dai genori hanno bisogno di denaro. Noi mentori dovevamo fare una lista di nomi e di cifre e ritirare il denaro in ufficio.
Jae era uno dei ragazzi che doveva prendere l’aereo per New-York.
Quel giorno correvo a destra e a manca. Genitori che mi volevano salutare, i ragazzi che mi chiamavano, il telefono che squillava... in piú dovevo tenere d’occhio la lista dei compiti assegnati ai ragazzi.
Guardai l’angolo dei bidoni e vidi una montagna vertiginosa di immondizie. Guardai la lista.
Jae era di turno. Dov’é Jae ? chiesi al suo compagno che stava lavorando. –Non lo so- mi rispose.
Lo feci cercare ma nessuno lo trovó. Aspettai.
Passó del tempo, io mi stavo innervosendo perché avevo dovuto dare ad altri il compito di Jae.
Jae arrivó. Era sudato e spettinato. Aveva fretta. Mi disse che doveva partire subito perché c’era un taxi che lo aspettava. Io lo guardai incredula. - Che cosa? E il tuo lavoro perché non l’hai fatto?-
Lui rispose- mi dia i miei soldi che devo andare.-
Non volevo crederci. Lo guardai e gli dissi- se non fai il tuo lavoro non puoi partire. Sapevi benissimo quello che dovevi fare e hai lasciato altri lavorare per te. Ora fai anche il prepotente?-
A questo punto si arrabbió e mi rimproveró, mi disse che non ero un buon mentore e che lui era deluso. Anch’io mi arrabbiai e gli risposi in merito. Fu una lotta testa a testa. Jae se ne andó. Io rientrai in casa con le lacrime agli occhi. Non riuscivo a capacitarmi che Jae si comportasse in questo modo. Stavo veramente male.
Dopo un po’, Jae tornó all’ attacco e mi disse che doveva partire, voleva i suoi soldi altrimenti perdeva il treno per l’aeroporto. Sapevo di non poter lasciar perdere anche se mi spiaceva trattarlo cosí duramente. Risposi:
-Puó partire il tuo treno, il tuo aereo, il tuo Taxi, ma senza di te, se prima non svolgi il tuo lavoro.-
Lui mi gridó addosso, si vedeva che in quel momento mi odiava , ma anch’io non lo risparmiai. Altra lite ad alta voce.
Ormai la cosa andava avanti da quasi due ore ed io ero veramente a pezzi. Jae se ne andó e tornó alcune volte, infine quando si convinse che non avrei ceduto, mi chiese che cosa dovesse fare.
La sua espressione era indescrivibile, faceva quasi paura.
A me non veniva di sorridere e con serietá gli dissi che poteva scopare il corridoio. Era una corridoio lungo ottanta metri e sette metri largo.
Lui brontolando prese la scopa ed inizió il lavoro. Lo faceva con cosí tanta rabbia ed alzava cosí tanta polvere che dovetti chiudere la mia porta.
Ad opera finita bussó alla mia porta e mi chiese se cosí andava bene. Gli feci notare che non aveva ancora raccolto le immondizie. Lo fece.
Poi entró nel mio ufficio. Io presi i suoi soldi, li contai e glieli porsi. Non riuscivo a guardarlo in faccia tanto ero scossa dal suo comportamento, non riuscivo a capire.
Mi ringrazió. Gli dissi ciao e feci per andarmene quando lui  alzó le braccia, per un attimo temetti uno schiaffo, invece mi abbracció dicendo: - Ha voluto insegnarmi qualche cosa fino all’ultimo giorno. Grazie.-
Io non riuscii a dire una parola, ma lo riabbracciai augurandogli buone vacanze.
Me ne andai inghiottendo le lacrime, ma ero felice.

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Seguii Jae per altri due anni,  non come mentore, ma in un gruppo di cui ero tutrice facoltativa.
Quando Jae superó la maturitá, prima di partire venne da me e mi regaló cinque rose rosse.
Disse:- queste sono per i nostri cinque anni insieme-.

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Graziella Torboli
Dic. 2013


domenica 8 dicembre 2013

la coerenza


La coerenza

La coerenza, in ambito dell’educazione é fondamentale. I giovani di tutte le etá, la pretendono provocandoci senza pietá.
Essere coerenti é sempre faticoso perché conduce ad uno scontro che a volte non siamo disposti a subire. Tuttavia, evitando lo scontro, non evitiamo il conflitto, solo lo rimandiamo; ma fino a quando?
Occuparsi di giovani e di bambini, che siano nostri o no, non fa differenza sul nostro compito di „come“ educarli.
Il numero uno sulla lista del „ Come“ é, l'amore umano.
Amore umano significa amare la persona in sé, vedere la persona aldilá dell’etá, della situazione e rispettarla.
Sembra semplice, ma ci riesce solo quando abbandoniamo i nostri pregiudizi e le nostre valutazioni.
Con questo non alludo ad un essere perfetto, nessuno al mondo lo é, ma ad un essere consapevole;  e questo possiamo diventarlo.

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Graziella Torboli
8 dic. 2013

venerdì 6 dicembre 2013

Lezione di danza


Lezione di danza

Sono seduta nella sala d’aspetto di una scuola di danza. Ho accompagnato la mia nipotina come faccio sempre quando mia figlia ha degli impegni.
Aspetto e lavoro a maglia. Potrei anche leggere ma questo mi distrae troppo. La mia attenzione é attratta dalla lezione di danza che si svolge nella stanza accanto.
Le note di una sonata al pianoforte, la voce dell’insegnante e...uno .e....due..e....tre...ed il rumore dei piedini obbedienti che cercano di seguire il ritmo. Pausa, la voce dell’insegnante che parla. Le risatine delle ballerine che dimostrano le loro piccole difficoltá.
E ancora... musica...e...uno e...due e...tre..... Ascolto la musica, ascolto
e immagino...
Verso la fine mi accorgo che va molto meglio perché non sento piú le risatine ma solo la voce dell’insegnante e l’esercizio non ha interruzioni.
Mentre sono cosí intenta ad ascoltare mi sento riportare al passato. Anche allora era cosí. Quando portavo le mie figlie a danza. Ho trascorso per degli anni due pomeriggi la settimana ad ascoltare le lezioni di danza. Le sapevo a memoria ma non mi stancavo mai di ascoltare. A quel tempo, le mamme che aspettavano, lavoravano e conversavano fra loro. Oggi non é piú cosí. Le mamme che aspettano giocano con i loro iphone o ipad e non dicono una parola.
La lezione é finita. Eccole uscire tutte accaldate e sorridenti e dirigersi verso gli spogliatoi.
Ascoltare una lezione di danza, mi da il piacere di una carezza.

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Graziella Torboli
6 dic. 2013



giovedì 5 dicembre 2013

Ein schönes Spruch

Suche das Außerordentliche im ganz Gewöhnlichen,
findest du es da nicht,
bleibst du ewig ein Suchender.

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F. Herter

lunedì 2 dicembre 2013

Sensazioni


Sensazioni


Schiudo gli occhi al mattino,
ed é giá sera,
un profumo risveglia un ricordo
e sparisce,
l’eco dei suoni
si perde nell’aria,
fugge il tempo,
frastagliato dalle ore,
dai minuti,
dal ritmo irreale
che giace nella mente.

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Graziella Torboli
Dic. 2013