mercoledì 25 giugno 2014

Ho pensato che...




L’amore per sè stessi può essere presunzione,
l’ amore per sè stessi può essere ambizione,
l’ amore per se stessi può essere vanità,
e ben altro ancora....

Ma il vero amore per sè stessi sorge dalla consapevolezza.

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Graziella Torboli
giugno 2014 

venerdì 13 giugno 2014

Olga ed i suoi amici



Olga, l’amica di mia sorella è solita invitare amici e conoscenti a pranzo o a cena. Lei non ama sedere a tavola da sola sicché non le rimane che cercare giornalmente dei commensali disposti a gustare i suoi manicaretti. Devo dire  che Olga é una bravissima cuoca nondimeno  molto simpatica e quasi sempre di buon umore.
Questa prima impressione  nasconde peró una latente inquietudine che lei lascia trapelare. È la solitudine che la porta a cercare continui svaghi  e compagnia, invitando qualcuno o andando lei da qualcuno. Non riesce a stare da sola in casa. La separazione da suo marito, avvenuta alcuni anni orsono dopo 25 anni di dura vita matrimoniale, le ha creato un vuoto che non riesce ancora a colmare.

Era domenica sera. Io ero andata a Verona da mia sorella per un fine settimana e insieme siamo andate a Riva del Garda per far visita a nostra madre.
Olga ci aveva invitate per l’ennesima volta a cena, ma noi non avevamo ancora deciso se andarci o meno.
Una telefonata di Olga , mentre eravamo a Riva, ci fece decidere e arrivate a Verona andammo direttamente da lei.
Olga ci accolse con grande gioia.
Sul piccolo prato sintetico davanti alla casetta a schiera, aveva sistemato un tavolo e delle sedie dove giá sedevano due suoi amici. Una coppia che io non conoscevo, ma mia sorella  sí.
Era una tiepida sera di primavera e senz’altro sarebbe stato molto piacevole mangiare fuori.
Olga portó in tavola di tutto e di piú. Ammirando e gustando i suoi manicaretti parlammo del piú e del meno.
Olga e mia sorella conversavano animatamente con la coppia e parlavano di fatti e persone che io non conoscevo e lo sforzo di capire di chi o di che cosa parlassero, mi stressava alquanto. Cosí mi misi ad osservare la coppia.
Lui, un sessantenne pensionato e apparentemente soddisfatto. Sorrideva benevolo e prendeva parte alla conversazione in modo molto discreto. Quasi troppo perfetto per i miei gusti.
Lei aveva circa l’etá del marito. Giá al mio arrivo avevo osservato i suoi occhi azzurri e la tristezza che esprimevano. Il suo viso, ancora bello, era sciupato e stanco. Quando sorrideva, le sue labbra facevano una smorfia quasi  volesse esprimere un dispiacere. Un sorriso senza gioia.
Io osservavo e ascoltavo discorsi di lavoro, di mancanza di soldi, di una villa a Verona, di una appartamento che avevano dovuto lasciare , di un mutuo da pagare, di un divorzio della figlia  ecc. ecc.
Poi sentii raccontare dalla signora che prima di venire a cena, aveva duvuto lavare un armadio che suo marito aveva restaurato. Io la guardai un poco sorpresa e le chiesi perché mai non lo aveva lavato suo marito. Lei mi guardó con il suo sguardo da cane bastonato e disse che avevano bisogno di soldi. Io non volli insistere e lasciai cadere il discorso. Era chiaro che non aveva spiegazioni da dare perché lei voleva cosí. Non dissi altro finché non entrammo in casa per prendere il dessert. L’aria si era fatta troppo fresca per rimanere fuori.
Dopo aver lodato il dessert squisito offerto da Olga , la conversazione continuó, ma il tema prese una svolta diversa. Le radioline. Questo era un tema che non mi interessava per niente, ma il marito della triste signora la pensava diversamente. Lui era un’appassionato di radioline e sapeva tutto su di esse e sui programmi radio.
I gusti non si discutono, dicevo fra me, ascolta e stai zitta.
Quando lui raccontó che ascoltava la radio giorno e notte, che il suo programma si chiamava „ 24 ore“ e dormiva con la radiolina in mano e gli auricolari negli orecchi, io credetti di non aver capito bene. Feci un breve intervento, dicendo che avrebbe potuto approfittare per imparare la lingua inglese dormendo. Credo che non mi abbia sentito. Cercai di immaginarmi la scena dei due a letto. Lui che stringeva la radiolina contro la guancia ascoltando ció che le confidava, lei che lo guardava con i suoi occhi tristi e non diceva parola per non disturbare il suo ascolto. Da sempre lui dormiva cosí e ne parlava come fosse una cosa normale. Lei assentiva con il suo triste sorriso. Forse pensava a tante notti passate ad ascoltare il ronzio della radiolina o forse a desiderare di essere lei al posto della radiolina?
Lui, preso dall’entusiasmo del tema, parlava con foga esaltando i diversi tipi di radioline conosciute.
Concluse dicendo che da trent’anni aquistava sempre lo stesso tipo di radio, lo stesso colore e la stessa marca.
Io lo guardavo sconvolta da questa rivelazione mentre lui mi sorrideva forse pensando di avermi affascinata.
Si parló ancora di questo e quello,ma io non riuscivo a togliermi le radioline dalla mente, anche perchè il signore essendo seduto di fronte a me, me le faceva continuamente ricordare.
Quando fummo in macchina pregai subito mia sorella di darmi qualche informazione sulla signora triste.
Appresi ben presto il perché della tristezza nei suoi occhi .
Dimenticai per un momento le radioline per ascoltare mia sorella .

Tutto ebbe inizio quando la figlia  ambiziosa oltre misura e senz’altro viziata dai genitori si intestardí a comprare una villa in cittá che non poteva finanziare da sola. La figlia era sposata ed aveva due figli, ma durante le trattative, il marito la lasció e divorziarono.
I genitori non volevano deludere la figlia  perció la assecondarono in tutto quello che lei proponeva.
Si fecero garanti per un mutuo stellare dopo aver venduto il loro piccolo appartamento. Nella villa ci sarebbe stato un piccolo appartamento dove avrebbero potuto sistemarsi. Le cose non andarono bene. Il marito non pagava gli alimenti, la figlia  non trovava lavoro e il mutuo non aspettava.
Col tempo, i genitori dovettero liberare il piccolo appartamento per poterlo affittare. I soldi non bastavano mai. Si sistemarono nella villa con la figlia . Il lavoro in casa lo sbrigava la madre alzandosi ogni mattina alle cinque, dopodiché  usciva per lavorare altrove fino a mezzogiorno. La pensione dei genitori non bastava a coprire tutte le spese mensili. Il padre, restaurava mobili e lasciava alla moglie i lavori scomodi. Lei faceva tutto. Non si lamentava mai. Quando il nuovo amico della figlia, che con suo figlio  frequentava la casa specialmente durante i pasti, si comportava in modo arrogante, lamentandosi di questo o quello e lei taceva per non ferire la figlia.
Tutto il mese di dicembre, trovó lavoro in una fabbrica di panettoni durante la notte; al ritorno, preparava la colazione per tutti e faceva i lavori di casa.
Si ridusse cosí ad un passo da un collasso.
Quando appresi da mia sorella che la figlia  aveva soprannominato la madre „Calcutta“ sentii salire dentro me una forte ondata di rabbia, tanto per la madre che per la figlia.
Ma che razza di rapporti famigliari sono questi?
Ma la gente dove ha nascosto il cuore?

Peccato che a queste domande nessuno possa rispondere.


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Graziella Torboli
Giugno 2014

domenica 8 giugno 2014

Paura di fare




Voler fare, ma non fare,
pensare di fare, ma non fare,
dire di fare e non fare.

Prigionieri del volere,
di fare, di non fare,
paura di fare.

Energia sprecata,
senza creativitá,
una strada bloccata , chiusa,
dove noi stiamo fermi
a pensare..........di fare.


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Graziella Torboli
 giugno 2014