Una storia vera
Elena e Pina
La madre stava morendo e tutti i suoi figli a parte la
figlia Pina, stavano intorno a lei per ascoltare le sue ultime parole. La
figlia Elena l’aveva accudita per tutto il percorso della malattia. La figlia Pina
era sposata e abitava a Riva del Garda, di conseguenza non aveva avuto modo di
andare spesso ad Aviano a trovare la madre anche perché negli anni cinquanta i
mezzi di trasporto non erano sempre a disposizione, specialmente per una
emergenza.
Alcuni mesi
prima, durante un ricovero della madre in ospedale, Pina andó a farle
visita e per darle un po´di conforto le donó una lettera scritta da Padre Marco
di Aviano che le era stata regalata da un vecchio sacerdote, don Virginio.
Detto sacerdote, abitava vicino a
lei e avendo appreso che lei era
di Aviano ed era tanto religiosa, pensó di farle un regalo gradito.
Durante il percorso della malattia, la madre raccontò a
Elena della lettera preziosa in suo possesso e scritta a mano da Padre Marco di
Aviano pregandola, alla sua morte, di consegnarla alla Chiesa.
Elena mantenne la promessa.. Dopo il funerale della madre,
si recó dal parroco di Castello di Aviano, il paese dove lei abitava, per
consegnare la preziosa lettera.
Elena era una donna molto umile e buona. Aveva partorito tre
figlie ma il marito se ne era andato a lavorare a Venezia lasciandola sola con
le tre figlie e i due suoceri. L’aiuto materiale del marito consisteva in pochi
spiccioli . Lei faceva dei lavoretti qua e la per poter sfamare la famiglia ma
l’accudire a tutti le costava
molto tempo e le impediva di stare fuori casa per guadagnare
abbastanza. Cosí trascorse alcuni
anni a tribulare per un pezzo di pane.
Infine apprese che il marito aveva trovato un’altra donna e
per questa ragione aveva tagliato i mezzi alla famiglia. Elena continuó a
mostrare il suo sorriso e man mano che le figlie crescevano si impegnava a
cercare lavoro per far fronte alle spese della famiglia.
Si prendeva tempo per far opere di bene o assistere i
parenti quando si ammalavano o erano morenti. Era una donna molto semplice e
generosa, ma sua sorella Pina la chiamava tonta.
Pina era una donna ambiziosa. La sua infanzia, in una casa
di contadini non benestanti, le aveva alimentato il desiderio di avere di piú,
di avere una vita agiata. Era una donna bella ed aveva una voce formidabile, un
dono della natura che lei avrebbe voluto vivere sul palcoscenico con onori e
applausi. Invece sposó un
commerciante di Riva del Garda che aveva conosciuto a Venezia, quando lei lavorava
in un albergo come cameriera. Così sparì il suo sogno di gloria ma non quello
che le suggeriva la sua ambizione.Voleva emergere, essere importante, essere
considerata.
Dopo sposata, Pina
andó ad abitare in una villa, e tutti in famiglia e al paese, la
ritennero fortunata. Elena, andava di tanto in tanto a far visita alla sorella
ma i loro rapporti furono sempre disturbati dalla superbia di Pina che non
perdeva mai l’occasione per far sentire Elena una stupida. L’unica cosa che avevano in comune era
la chiesa Cattolica. La loro fede. Ma anche qui c’erano delle differenze da
osservare. Elena, credente attiva
ma non bigotta. Aveva sofferto molto e la sua fede le faceva da supporto per
sostenere la sua vita difficile. Raccontando dei fatti non moralizzava mai,
spesso si stupiva delle cose cattive che succedevano e aveva per tutti una
parola buona. Insomma Elena era una bella persona che non faceva male a nessuno
e dava quello che aveva.
Pina era diversa. La sua fede la viveva da bigotta. Vedeva
nei preti e nelle suore delle persone vicine a Dio e lei seguiva il loro
esempio e i loro consigli convinta di avere Dio dalla sua parte. Intratteneva
la famiglia con dicorsi di umiltà e amore, prendendo se stessa come esempio. La
sua ambizione non era solo materiale ma anche spirituale. Mirava ad alte cime e
si circondava di gente che la confermavano.
Non sopportava di essere contraddetta ed usava la sua grande
forza di convinzione per portare chiunque a darle ragione.
Due sorelle, educate dalla stessa madre, ma due mondi cosí
diversi da non potersi mai incontrare. Solo Elena aveva potuto resistere al
difficile carattere di Pina, e fu grazie a lei se i loro rapporti rimasero
aperti fino al giorno in cui successe il fatto che ora descriveró.
Erano trascorsi circa quaranta anni dalla donazione della
lettera al parroco di Castello di Aviano. Nessuno aveva mai più fatto accenno alla lettera e tantomeno Pina.
Ad Aviano non si parlava d’altro. La notizia correva da una
casa all’altra. Tutti ne parlavano.
Padre Marco era stato dichiarato Beato dal Santo Padre. !
Una notizia da togliere il fiato agli abitanti di Aviano e
dei paesi intorno.
Naturalmente Pina fu subito informata dalle sue
sorelle. Dopo lo scoppio di euforica gioia, Pina pensò
subito alla lettera che anni addietro lei
aveva donato alla madre. Il suo cuore fece un balzo e spaventata si
chiese: „Ma dove è finita la lettera di Padre Marco?“
Pina ricordó questo fatto a modo suo cioé, che la lettera
era stata regalata a lei e lei l’aveva imprestata a sua madre.
Telefonó direttamente a sua sorella Elena, perchè solo lei
poteva saperne qualche cosa, e chiese dove fosse la lettera.
„L’ho donata alla Parrocchia di Castello di Aviano tanti anni fa come ha voluto la mamma“
rispose Elena.
Pina andó su tutte le furie e la insultó; poi aggiunse, che
la lettera sarebbe dovuta essere donata alla Parrocchia di Aviano e non a quella di Castello
di Aviano. Alla fine , le gridò
infuriata :“ lettera era mia, stava a me la decisione a chi donarla, voglio riaverla subito.“
Elena rimasta di stucco ribatté „ ma non é vero, la mamma
l’ha data a me e io ho fatto ció che ha detto lei“ Sei una bugiarda!“ Le gridó
Pina al telefono. „Non é vero quello che dici, rivoglio subito la mia lettera.
Vai dal parroco e fattela ridare.“ Fu un ordine categorico.
La povera Elena non sapeva piú che cosa fare. Era disperata.
Dopo tanti anni succedeva un fatto inaspettato e lei sembrava la colpevole. Non
riusciva a capacitarsi.
Pensó bene di andare dal prete di Castello di Aviano per
avere un consiglio. Il prete era stato sostituito, non era piú quello al quale
aveva dato la lettera peró si conoscevano e cosí lei poté raccontare il fatto.
Nel frattempo, la lettera era stata incorniciata e tenuta in serbo.
Il prete ascoltó il racconto ma anche lui non sapeva che
cosa dire. Alfine peró, disse chiaro e tondo che la lettera era di proprietá
della chiesa e lui non poteva disporne..
Elena si mise in contatto con Pina, raccontó ció che aveva
appreso dal prete di Castello e si prese altri insulti e sgridate.
Pina era fuori di se dalla rabbia. Aveva perso l’occasione
di avere la lettera di un Beato nella sua casa, di appendere la lettera nel suo salotto, di vantarsi del suo
trofeo, tutto per colpa di una sorella stupida e bugiarda che aveva anche
donato la lettera alla parrocchia sbagliata. Pina incolpó Elena di aver dato di
proposito la lettera alla Parrocchia di Castello per vantarsi e trarne vantaggi
personali. Elena era sconvolta.
Pina non si diede pervinta. Voleva ad ogni costo quella
lettera. Doveva averla.
Nuovo tentativo. Chiedere aiuto al prete della parrocchia di
Riva.
Pina andava in chiesa tutte le mattine, era molto devota e
servile con il parroco. Andó da lui per farsi consigliare e lo pregó con le lacrime agli occhi di
contattare il parroco di Castello per farsi ridare la lettera che sua madre
aveva lasciato a lei, anche se detta versione non era la verità.
Forse il Parroco , incuriosito , più dalla lettera di un
Beato che dal racconto di Pina, si lasciò convincere a contattare il parroco di
Castello di Aviano.
Giorni dopo, Elena fu sorpresa di essere chiamata dal
parroco di Castello di Aviano perché voleva parlarle.
Andó da lui e apprese della telefonata da parte dal parroco
di Riva che lo pregava di rimandare la lettera perchè apparteneva a Pina. Elena fu sconvolta da questa
richiesta anche perché in quel momento
tutto quel trambusto
sembrava fosse stato provocato da lei e dal fatto che aveva dato alla chiesa
una lettera che apparteneva alla sorella. La poveretta si sentí molto umiliata
in una situazione che la faceva sentire colpevole e non sapeva come difendersi.
Era allibita dalla furia di sua sorella ed ora anche il prete era sconvolto
dalla situazione. Tutto per colpa sua?
Il parroco di castello si rifiutó di mandare la lettera al
parroco di Riva. Ancora una volta spiegó che era proprietá della chiesa e lui
non aveva l’autoritá per prendere
una tale decisione.
Pina , piú accanita che mai decise di consigliarsi con suo
figlio, Attila.
Non che Attila fosse un figlio amoroso, niente di tutto
questo. Lui era avido e senza scrupoli,
da premettere, che l’aveva già derubata spudoratamente più volte. Pina
ne era consapevole perchè lo conosceva bene e forse sperava nell’aviditá del
figlio per farsi aiutare. Infatti, quando Attila venne a sapere
della lettera sbavó dalla voglia di possederla.
Attila escogitó un piano. Consultó delle sue conoscenze e
fece scrivere al vescovo di Trento
pregandolo gentilmente che tale lettera fosse ridata a chi le apparteneva. Cioè
a Pina.
Dovettero aspettare alcuni giorni prima di avere una
risposta. Intanto Elena piangeva lacrime amare e non andava nemmeno piú in
chiesa perché si vergognava. La storia aveva dato alito a molte voci in paese e
questo non la incoraggiava certo a uscire di casa.
Pina fremeva nell’attesa di una risposta e continuava a
incolpare la sorella per il suo atto stupido e disonesto. Si sfogava con le
poche amiche facendosi consolare per questo fatto inaudito e naturalmente per
farsi dire quanto lei fosse onesta e sincera.
Finalmente arrivó la risposta da Trento.
La lettera poteva essere imprestata a Pina per tre giorni,
poi doveva essere ridata alla parrocchia di Castello di Aviano.
Pina era esultante. Arrivó la lettera incorniciata. Pina la
bació e la strinse al cuore. La sua bigotteria non ebbe freno. Poi telefonó al
figlio Attila per dare la notizia. Lui arrivò subito e insieme ammirarono la lettera. Cose successe in quella
stanza? Che cosa escogitarono i
due complici? Sta di fatto che
Attila, quando se ne andó, portó
via il quadro con la lettera . Lo tenne per piú giorni e poi lo riportó a Pina
che, come promesso, si affrettó a riportarlo, con qualche giorno di ritardo,
senza obiezioni al parroco di Riva. Perché Attila portó via il quadro con la
lettera?
Perché lo tenne per diversi giorni? Non certo per ragioni religiose.
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Graziella Torboli
luglio 2018