giovedì 19 luglio 2018

Elena e Pina

Una storia vera

Elena e Pina

La madre stava morendo e tutti i suoi figli a parte la figlia Pina, stavano intorno a lei per ascoltare le sue ultime parole. La figlia Elena l’aveva accudita per tutto il percorso della malattia. La figlia Pina era sposata e abitava a Riva del Garda, di conseguenza non aveva avuto modo di andare spesso ad Aviano a trovare la madre anche perché negli anni cinquanta i mezzi di trasporto non erano sempre a disposizione, specialmente per una emergenza.
Alcuni mesi  prima, durante un ricovero della madre in ospedale, Pina andó a farle visita e per darle un po´di conforto le donó una lettera scritta da Padre Marco di Aviano che le era stata regalata da un vecchio sacerdote, don Virginio. Detto sacerdote,  abitava vicino a lei e  avendo appreso che lei era di Aviano ed era tanto religiosa, pensó di farle un regalo gradito.   
Durante il percorso della malattia, la madre raccontò a Elena della lettera preziosa in suo possesso e scritta a mano da Padre Marco di Aviano pregandola, alla sua morte, di consegnarla alla Chiesa.
Elena mantenne la promessa.. Dopo il funerale della madre, si recó dal parroco di Castello di Aviano, il paese dove lei abitava, per consegnare la preziosa lettera.

Elena era una donna molto umile e buona. Aveva partorito tre figlie ma il marito se ne era andato a lavorare a Venezia lasciandola sola con le tre figlie e i due suoceri. L’aiuto materiale del marito consisteva in pochi spiccioli . Lei faceva dei lavoretti qua e la per poter sfamare la famiglia ma l’accudire a tutti le costava  molto tempo e le impediva di stare fuori casa per guadagnare abbastanza.  Cosí trascorse alcuni anni a tribulare per un pezzo di pane.
Infine apprese che il marito aveva trovato un’altra donna e per questa ragione aveva tagliato i mezzi alla famiglia. Elena continuó a mostrare il suo sorriso e man mano che le figlie crescevano si impegnava a cercare lavoro per far fronte alle spese della famiglia. 
Si prendeva tempo per far opere di bene o assistere i parenti quando si ammalavano o erano morenti. Era una donna molto semplice e generosa, ma sua sorella Pina la chiamava tonta.

Pina era una donna ambiziosa. La sua infanzia, in una casa di contadini non benestanti, le aveva alimentato il desiderio di avere di piú, di avere una vita agiata. Era una donna bella ed aveva una voce formidabile, un dono della natura che lei avrebbe voluto vivere sul palcoscenico con onori e applausi.  Invece sposó un commerciante di Riva del Garda che aveva conosciuto a Venezia, quando lei lavorava in un albergo come cameriera. Così sparì il suo sogno di gloria ma non quello che le suggeriva la sua ambizione.Voleva emergere, essere importante, essere considerata.
Dopo sposata, Pina  andó ad abitare in una villa, e tutti in famiglia e al paese, la ritennero fortunata. Elena, andava di tanto in tanto a far visita alla sorella ma i loro rapporti furono sempre disturbati dalla superbia di Pina che non perdeva mai l’occasione per far sentire Elena una stupida.  L’unica cosa che avevano in comune era la chiesa Cattolica. La loro fede. Ma anche qui c’erano delle differenze da osservare.  Elena, credente attiva ma non bigotta. Aveva sofferto molto e la sua fede le faceva da supporto per sostenere la sua vita difficile. Raccontando dei fatti non moralizzava mai, spesso si stupiva delle cose cattive che succedevano e aveva per tutti una parola buona. Insomma Elena era una bella persona che non faceva male a nessuno e dava quello che aveva.
Pina era diversa. La sua fede la viveva da bigotta. Vedeva nei preti e nelle suore delle persone vicine a Dio e lei seguiva il loro esempio e i loro consigli convinta di avere Dio dalla sua parte. Intratteneva la famiglia con dicorsi di umiltà e amore, prendendo se stessa come esempio. La sua ambizione non era solo materiale ma anche spirituale. Mirava ad alte cime e si circondava di gente che la confermavano.
Non sopportava di essere contraddetta ed usava la sua grande forza di convinzione per portare chiunque a darle ragione.

Due sorelle, educate dalla stessa madre, ma due mondi cosí diversi da non potersi mai incontrare. Solo Elena aveva potuto resistere al difficile carattere di Pina, e fu grazie a lei se i loro rapporti rimasero aperti fino al giorno in cui successe il fatto che ora descriveró.
Erano trascorsi circa quaranta anni dalla donazione della lettera al parroco di Castello di Aviano. Nessuno  aveva mai più fatto accenno alla lettera e tantomeno Pina.

Ad Aviano non si parlava d’altro. La notizia correva da una casa all’altra. Tutti ne parlavano.
Padre Marco era stato dichiarato Beato dal Santo Padre. !
Una notizia da togliere il fiato agli abitanti di Aviano e dei paesi intorno.
Naturalmente Pina fu subito informata dalle sue sorelle.  Dopo lo  scoppio di euforica gioia, Pina pensò subito alla lettera che anni addietro lei  aveva donato alla madre. Il suo cuore fece un balzo e spaventata si chiese: „Ma dove è finita la lettera di Padre Marco?“
Pina ricordó questo fatto a modo suo cioé, che la lettera era stata regalata a lei e lei l’aveva imprestata a sua madre.
Telefonó direttamente a sua sorella Elena, perchè solo lei poteva saperne qualche cosa, e chiese dove fosse la lettera.
„L’ho donata alla Parrocchia  di Castello di Aviano tanti anni fa come ha voluto la mamma“ rispose Elena.
Pina andó su tutte le furie e la insultó; poi aggiunse, che la lettera sarebbe dovuta essere donata   alla Parrocchia di Aviano e non a quella di Castello di Aviano. Alla fine ,  le gridò infuriata :“ lettera era mia, stava a me la decisione a chi donarla,  voglio riaverla subito.“
Elena rimasta di stucco ribatté „ ma non é vero, la mamma l’ha data a me e io ho fatto ció che ha detto lei“ Sei una bugiarda!“ Le gridó Pina al telefono. „Non é vero quello che dici, rivoglio subito la mia lettera. Vai dal parroco e fattela ridare.“ Fu un ordine categorico.
La povera Elena non sapeva piú che cosa fare. Era disperata. Dopo tanti anni succedeva un fatto inaspettato e lei sembrava la colpevole. Non riusciva a capacitarsi.
Pensó bene di andare dal prete di Castello di Aviano per avere un consiglio. Il prete era stato sostituito, non era piú quello al quale aveva dato la lettera peró si conoscevano e cosí lei poté raccontare il fatto. Nel frattempo, la lettera era stata incorniciata e tenuta in serbo.
Il prete ascoltó il racconto ma anche lui non sapeva che cosa dire. Alfine peró, disse chiaro e tondo che la lettera era di proprietá della chiesa e lui non poteva disporne..
Elena si mise in contatto con Pina, raccontó ció che aveva appreso dal prete di Castello e si prese altri insulti e sgridate.
Pina era fuori di se dalla rabbia. Aveva perso l’occasione di avere la lettera di un Beato nella sua casa,  di appendere la lettera nel suo salotto, di vantarsi del suo trofeo, tutto per colpa di una sorella stupida e bugiarda che aveva anche donato la lettera alla parrocchia sbagliata. Pina incolpó Elena di aver dato di proposito la lettera alla Parrocchia di Castello per vantarsi e trarne vantaggi personali. Elena era sconvolta.
Pina non si diede pervinta. Voleva ad ogni costo quella lettera. Doveva averla.

Nuovo tentativo. Chiedere aiuto al prete della parrocchia di Riva.
Pina andava in chiesa tutte le mattine, era molto devota e servile con il parroco. Andó da lui per farsi consigliare e  lo pregó con le lacrime agli occhi di contattare il parroco di Castello per farsi ridare la lettera che sua madre aveva lasciato a lei, anche se detta versione non era la verità.
Forse il Parroco , incuriosito , più dalla lettera di un Beato che dal racconto di Pina, si lasciò convincere a contattare il parroco di Castello di Aviano. 
Giorni dopo, Elena fu sorpresa di essere chiamata dal parroco di Castello di Aviano perché voleva parlarle.
Andó da lui e apprese della telefonata da parte dal parroco di Riva che lo pregava di rimandare la lettera perchè apparteneva  a Pina. Elena fu sconvolta da questa richiesta anche perché in quel momento  tutto quel  trambusto sembrava fosse stato provocato da lei e dal fatto che aveva dato alla chiesa una lettera che apparteneva alla sorella. La poveretta si sentí molto umiliata in una situazione che la faceva sentire colpevole e non sapeva come difendersi. Era allibita dalla furia di sua sorella ed ora anche il prete era sconvolto dalla situazione. Tutto per colpa sua?
Il parroco di castello si rifiutó di mandare la lettera al parroco di Riva. Ancora una volta spiegó che era proprietá della chiesa e lui non aveva l’autoritá  per prendere una tale decisione.
Pina , piú accanita che mai decise di consigliarsi con suo figlio, Attila.
Non che Attila fosse un figlio amoroso, niente di tutto questo. Lui era avido e senza scrupoli,  da premettere, che l’aveva già derubata spudoratamente più volte. Pina ne era consapevole perchè lo conosceva bene e forse sperava nell’aviditá del figlio per farsi aiutare. Infatti, quando Attila  venne a sapere  della lettera sbavó dalla voglia di possederla.
Attila escogitó un piano. Consultó delle sue conoscenze e fece scrivere  al vescovo di Trento pregandolo gentilmente che tale lettera fosse ridata a chi le apparteneva. Cioè a Pina.

Dovettero aspettare alcuni giorni prima di avere una risposta. Intanto Elena piangeva lacrime amare e non andava nemmeno piú in chiesa perché si vergognava. La storia aveva dato alito a molte voci in paese e questo non la incoraggiava certo a uscire di casa.
Pina fremeva nell’attesa di una risposta e continuava a incolpare la sorella per il suo atto stupido e disonesto. Si sfogava con le poche amiche facendosi consolare per questo fatto inaudito e naturalmente per farsi dire quanto lei fosse onesta e sincera.
Finalmente arrivó la risposta da Trento.
La lettera poteva essere imprestata a Pina per tre giorni, poi doveva essere ridata alla parrocchia di Castello di Aviano.
Pina era esultante. Arrivó la lettera incorniciata. Pina la bació e la strinse al cuore. La sua bigotteria non ebbe freno. Poi telefonó al figlio Attila per dare la notizia. Lui arrivò subito  e insieme ammirarono la lettera. Cose successe in quella stanza?  Che cosa escogitarono i due complici?  Sta di fatto che Attila, quando se ne andó,  portó via il quadro con la lettera . Lo tenne per piú giorni e poi lo riportó a Pina che, come promesso, si affrettó a riportarlo, con qualche giorno di ritardo, senza obiezioni al parroco di Riva. Perché Attila portó via il quadro con la lettera?

Perché lo tenne per diversi giorni? Non certo per ragioni religiose.



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Graziella Torboli
luglio 2018

lunedì 16 luglio 2018

attimi di gioia



Attimi di gioia

Guardo il cielo
vedo l’infinito,

guardo un fiore,
vedo la bellezza,

guardo un bimbo,
vedo la vita,

guardo l’orizzonte,
vedo il giorno.

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Graziella Torboli 2018