lunedì 25 gennaio 2016

una storia vissuta




La svolta 


Il sentiero costeggiava in gran parte la riva del lago e permetteva a Ilaria lunghe piacevoli passeggiate.
Qualche ciclista, che di sorpresa arrivava alle spalle, le faceva distogliere per un momento lo sguardo dalla natura selvaggia e dal brillio del lago che traspariva fra gli arbusti.
I pochi passanti, muti e frettolosi, facevano pensare a formiche stordite dai loro impegni, che correvano decise a non lasciarsi distrarre.
Ilaria adorava le passeggiate in riva al lago, erano diventate spazi di meditazione.
Indugiava il suo passo nei pressi del boschetto per ascoltare il canto degli uccelli, e ammirare
il gioco dei raggi di sole che cercavano spazio fra le ombre degli alberi.
Al limite del boschetto, si apriva la vista ad un panorama stupendo: il lago.
A volte, lei si incamminava all’alba per vedere il sorgere del sole.
Avvolto da una leggera foschia, giaceva il lago, liscio e lucente in attesa del primo raggio di sole.
All’orizzonte, le Alpi ,con le loro vette aguzze e imponenti, disegnavano immagini curiose e, poco prima del sorgere del sole, si dipingevano di rosso. Era uno spettacolo mozzafiato.
Viveva sola, ma non si sentiva sola. La sua vita era stata molto tumultuosa. Aveva accudito per tanti anni alla sua numerosa famiglia, sei figli.
Ora che tutti sei, dopo aver terminato gli studi, se ne erano andati per iniziare la loro vita, lei viveva in un appartamento situato vicino al lago. Dal marito aveva divorziato alcuni anni prima.
Mai prima d’ora aveva vissuto da sola, nemmeno un giorno. Dalla casa dei genitori era passata direttamente alla vita con il marito.
Dopo il divorzio, si era trasferita con i suoi figli nel piccolo paese sul lago ed aveva lavorato per dieci anni come educatrice in un collegio. Il lavoro avrebbe potuto procurarle una cerchia di conoscenti, ma ció non avvenne. Sia perché lei nel tempo libero si occupava dei suoi figli, sia perché  non amava far salotto con i colleghi. Ecco perché, ora che non lavorava piú e i suoi figli erano adulti, non aveva ne amici ne conoscenti.
Se ne stava lí sola a pensare. Si rendeva conto di iniziare una nuova vita, una cosa nuova che la obbligava a subire un notevole cambiamento.
Sentiva una gran desiderio di silenzio, di riflettere. La sua mente non smetteva di riportare fatti e immagini del passato, era come un film interminabile che scorreva nella sua mente facendole rivivere tutti gli anni vissuti.
Quello che piú di tutto le pesava, era il ricordo delle  sofferenze e della grande pazienza che aveva portato inutilmente. Sí, perché il suo scopo piú grande era stato  un matrimonio felice e non ci era riuscita. Tutti i suoi sforzi erano stati inutili e si sentiva in colpa, non riusciva a scordare la voce di sua madre che per anni, con grande insistenza , l’aveva convinta che la riuscita del matrimonio dipendeva dalla donna. Anche se da tempo aveva preso distanza dall’educazione di sua madre,  la sua voce si faceva ancora sentire.
Aveva dedicato la vita ai suoi figli e loro erano ció che piú amava al mondo.
Poche settimane dopo il suo pensionamento, dopo aver goduto una libertá a lei sconosciuta, inevitabilmente prese a pensare alla sua vita futura. Non aveva un obiettivo, non aveva neppure un compito. A che cosa serviva tutto il tempo che aveva a disposizione? Il pensiero piú penoso era, „Qual’é ora il senso della mia vita?“ Per l’ambito lavorativo era ormai troppo anziana, a parte un lavoro sociale facoltativo che non aveva intenzione di fare, anche perché di lavoro sociale ne aveva fatto abbastanza, non aveva scelta. Le pareva di non far piú parte della societá a cui apparteneva. Si sentiva espulsa, inutile.
„Come occuperó il mio tempo, come sará la mia vita?“ Non riusciva a dare un senso alla sua esistenza , si sentiva sprovveduta ed aveva paura del futuro. Ció nonostante, non mancava di fare le passeggiate sul lago. Lá, i suoi pensieri si alleggerivano e il suo sguardo non si staccava dalla vista del lago, del cielo, delle nuvole e di tutto ció che quel panorama le donava. Le piaceva sognare, forse anche troppo ,sognava ad occhi aperti fin da quando era ragazza. Non riusciva piú a farne a meno. Era questo un suo difetto? Forse, ma era anche una possibilitá per non cadere nella tristezza e forse anche nella depressione.
Ora doveva trovare il modo di dare alla sua vita un senso.
Di tanto in tanto, veniva a trovarla una collega, madre di quattro figli, che stava divorziando. Veniva per sfogarsi e per cercare conforto. Questi incontri le davano modo di parlare di sé e di confrontarsi con un’altra persona. Fu cosí che, fra un discorso e l’altro, si presentó una frase che le diede da pensare: la sua collega disse: „devi cercare che cosa piace a te, una cosa o delle cose che tu vuoi.“
Per Ilaria questa frase fu una rivelazione. Che cosa le piaceva? Non lo sapeva. Che cosa voleva? Non lo sapeva.
Non aveva mai avuto nemmeno l’idea di pensare a cosa potesse piacerle e ora doveva farlo. Aveva sempre adempito ad un compito, quello di occuparsi della famiglia.
„Ci sei anche tu“ le disse la collega.
Era vero. C’era anche lei, ma cosa voleva?  
Voleva vivere ed essere felice, ma le pareva diventato molto difficile. Rendere felici gli altri le sembrava molto piú semplice che rendere felice se stessa. Era stata educata da genitori molto severi che le avevano insegnato, lavoro e obbedienza. Aveva adorato i suoi genitori e mai si sarebbe messa contro di loro, era cresciuta con un grande senso di responsabilitá che la faceva sentire sempre in colpa se qualcosa non funzionava. Si era portata questo fardello inconsciamente per tanti anni, era diventato una parte di se.
Cominció a riflettere sul suo modo di essere e durante le passeggiate sul lago, lasciava liberi i suoi pensieri e parlava con le piante.Stava perdendo forse la ragione?
No di certo. Non era una cosa nuova per lei, l’aveva sempre fatto. Ilaria adorava gli alberi, i fiori e tutta la flora e si sentiva una parte di esse..
Era circondata da un silenzio insistente e assordante. Sembrava una provocazione per spingerla a muoversi, a capire, a vivere.
C’erano giorni in cui si sentiva molto nervosa , non riusciva a star ferma, camminava nella stanza avanti e indietro tale una bestia in gabbia.
„Ma cosa mi succede?“Si diceva.“Perché mi agito in tal modo? Ho tutto quel che mi serve: I figli stanno bene. Io sto bene, fisicamente e anche materialmente.“
Credeva di avere tutto quello di cui aveva bisogno.
Esteriormente dopotutto, la sua vita era soddisfacente, ma cosa ne era di se stessa?
In teoria, lei sapeva che la felicitá non viene dal di fuori,ma da dentro di noi. Ora era giunto il momento di mettere in pratica questa teoria o questa veritá.
Che ne era della sua immagine? Come l’aveva creata? E chi, e cosa l’aveva creata?
Queste domande erano difficili da rispondere, per tanto che lei ci riflettesse, la fretta di capire non l’aiutava. Doveva avere pazienza e osservare con coraggio quello che sentiva dentro il suo cuore senza lasciarsi condizionare dal suo passato.
Prese ad elencare tutte le cose che le piacevano e che sapeva fare. Era una donna molto creativa con una notevole manualitá. Le cose che le piacevano erano tante, ma lei voleva sentire passione per almeno una cosa. La passione. Questa era un punto essenziale per lei.
Si sentiva molto confusa e le sue paure non diminuivano.
Pensó di fare un viaggio. Un viaggio da sola, senza itinerario, senza meta. Voleva andare, andare, andare.
Era primavera. Aveva trascorso l’inverno a riflettere e pensava di non aver risolto nulla.
Partí in macchina e oltre al bagaglio, si portó un sacco a pelo e la chitarra.
Non prese autostrade, voleva vedere i paesaggi e fermarsi dove piú le piaceva.
A Ravenna si fermó. Trovó un albergo dove passare la notte.
Il giorno seguente volle visitare la tomba e il museo di Dante Alighieri. Provava da sempre molta ammirazione per Dante. In un bar nella piazza principale prese un caffé. C’era una gran folla, Ilaria fu presa da uno strano panico. Guardava la folla, sentiva i rumori come fossero boati e nella folla sconosciuta si sentí sparire, ingoiare, come svanire nel nulla. Si sentiva il cuore in gola.
Si spaventó. Tornata all’albergo si mise sul letto a pensare. Ora si sentiva al sicuro.
Perché? Perché aveva avuto tanta paura?
„ Sentirti anonima, senza appoggio di conoscenze, sola come fossi in un deserto. ecco che cosa ti spaventa“ disse fra sé.

Il giorno dopo riprese il suo viaggio passando da paese a paese nella regione delle Marche.
L’ aria era satura del profumo di gelsomino.
Si fermó in un paese sul mare e ci rimase due giorni. Qui fece lunghe passeggiate sulla spiaggia aspettando il tramonto del sole. La sera, trascorse alcune ore discorrendo con il padrone dell’albergo che era molto interessato alla filosofia; fu una cosa molto piacevole. Riprese il viaggio. Sostando in un paesino medioevale situato su un colle e circondato da alte mura, fece conoscenza con una signora che cercava il suo gatto.
Era un pomeriggio caldo. Ilaria camminava lentamente osservando le vecchie case. Sentí una voce e si guardó intorno ma non vide nessuno. Dopo pochi passi si trovó in una piccola piazzetta,  molto pittoresca, attorniata da case con i balconi pieni di gerani rossi .Lí, vide una signora con un grembiule da cucina stretto intorno alla vita che chiamava il suo gatto.
Le due donne si sorrisero e presero a parlare. La signora del gatto raccontó la sua storia come se non avesse atteso altro che poterlo fare. Anche lei dava l’impressione di essere molto sola e in cerca di conforto. Il gatto fece ritorno, lei lo prese in braccio e si salutarono.
Poco dopo, Ilaria riprese il suo cammino fra le piccole viuzze del paese, lasciandosi avvolgere dal profumo intenso di gelsomino , e immergendo gli occhi nell’azzurro del cielo. Vide molti altri paesi sulle colline e sul mare ma poi le venne nostalgia di casa.
Prese la via del ritorno,  quindici giorni le erano bastati.
Non aveva usato il sacco a pelo e nemmeno suonato la chitarra, peró si era arricchita di alcune riflessioni su se stessa e ripensando al viaggio, le sembrava di aver sognato.
Aveva individuato alcune delle sue paure, ma non le bastava. Voleva sapere quello che succedeva dentro di lei e finalmente prendersi sul serio, cioé riconoscere la propria veritá.


Alcune settimane dopo la sua esperienza di viaggio, stava seduta sul divano sfogliando un libro di Astronomia che una delle sue figlie le aveva regalato. Guardava le immagini di stelle e pianeti leggendo i fatti, quando ad un tratto il suo sguardo cadde su delle formule per lei incomprensibili. Le guardó a lungo e poi con un certo malincuore si disse: „se almeno potessi capire ció che significano, mi piacerebbe tanto.“
Alzó lo sguardo al soffitto fissando il lampadario acceso, rimase immobile un momento come se stesse per formulare un pensiero. Poi si alzó di scatto e disse, ad alta voce: „Ora lo so che cosa mi piace piú di ogni altra cosa, mi piace la matematica“ . Aveva scoperto la sua passione. Da una formula di chimica era sorta l’idea, era sorta una passione dimenticata o forse mai individuata.
Non ci pensó un attimo: Cercó i libri di matematica usati dai suoi figli che lei aveva tenuto in cantina. Inizió a studiare, ma si rese conto ben presto che aveva dimenticato o non aveva mai imparato certe cose. Cosí partí dalla matematica del primo anno di medie e giorno dopo giorno si dilettava a risolvere i quesiti. Non fu facile perché non conosceva insegnanti che la potessero aiutare, ma aveva un figlio che abitava in una cittá vicina e lo contattava spesso per chiedere aiuto.
Aveva trovato finalmente la sua passione. Si alzava presto al mattino per studiare matematica e per vedere il sorgere del sole.
Ogni mattina dopo il caffé, iniziava il suo lavoro. Nel pomeriggio invece, o andava a passeggiare sul lago o nel bosco vicino a casa.
Stava vivendo una nuova vita, di questo lei se ne rendeva conto e le piaceva, ma le faceva anche un po’ paura essere sola in un paese dove nessuno la conosceva e avere  un’unica persona che la contattava. L’amica che nel frattempo aveva divorziato e stava disperatamente cercando un’altro marito.
Con i suoi figli Ilaria aveva un bel rapporto, ma abitavano piuttosto lontano da lei e si sentivano solamente al telefono. Nel frattempo, erano nati anche dei nipotini e questo la portó a intraprendere spesso dei viaggi per andare a trovarli.Viaggiava per vedere i suoi figli e i suoi nipoti.

Durante le sue lunghe passeggiate lasciava scorrere i suoi pensieri.
Sentiva  nel cuore una grande tristezza al pensiero di quegli anni e della vita con suo marito. Del suo matrimonio e di come era finito.  Aveva bisogno di pensare a questo anche se avrebbe voluto evitarlo. Ora aveva tempo per farlo e per capire e accettare quanto era successo.
Da quando aveva divorziato erano trascorsi piú di dieci anni, e durante questi anni lei non aveva pensato che ai suoi figli e al loro futuro. Erano stati anni difficili dove aveva lavorato sodo, con tante preoccupazioni che non poteva dividere con nessuno.
Si sentiva ancora responsabile per aver  lasciato il marito e la casa dove i suoi figli erano nati,  per questo si adoperava a dar loro piú che poteva.
Non c’era stato spazio per lei in quei lunghi anni.

Il fardello della sua vita passata le pesava addosso, non le permetteva la debita leggerezza per un nuovo inizio. Non vedeva la sua vita, non si conosceva, non si capiva.
Si rendeva conto d’aver bisogno di tempo. Voler pensare, voler riflettere non
aiutava molto, anzi, le riempiva la testa di congetture e pensieri che non la portavano a nulla. Studiare matematica l’aiutava  a svuotare la testa o meglio, a pensare ad altro, era come vivere in un altro mondo. Leggeva molto. I libri di filosofia erano i suoi prediletti, ma anche i libri sulla matematica e biografie di studiosi di matematica le interessavano.
I romanzi non l’attiravano. Lei sognava di viverlo, un romanzo. Lei voleva innamorarsi. Portava da sempre un sogno dentro il cuore. Una storia d’amore. Si, un grande amore. Lei credeva all’amore. Purtroppo, pensando alla sua etá avanzata si sentiva un pó scoraggiata e la speranza di esaudire questo sogno si rimpiccioliva col passar del tempo.
La sua vita solitaria era una cosa nuova e a volte la vedeva come una sfida. Un modo per imparare delle cose nuove, di conoscere se stessa, imparare a stare con se stessa. Abituata com’era ad una vita attiva e zeppa di cose da sbrigare, dove lei doveva sempre funzionare. Si, la parola funzionare si addice a come era stata educata e a come aveva vissuto.
Ora non doveva funzionare piú per nessuno solo per se stessa. Non era una cosa facile e non sapeva da dove incominciare.
Aveva constatato che il troppo pensare non le giovava molto. I suoi pensieri si aggiravano nella ricerca di soluzioni, come del resto era abituata a fare. Ma le soluzioni al problema ora non c’entravano perché non c’era una problema vero e proprio, ma solo lei, sola nel deserto della vita.
Come a difendersi da qualcosa che non conosceva e che la spaventava, si volse metaforicamente verso se stessa, si racchiuse in forma fetale per non vedere ne sentire e rendersi invisibile. Cercava quel qualche cosa di sé che era stato trascurato da un’intensa vita dedicata a chi aveva bisogno di lei .
 Giorno dopo giorno, vivendo nel silenzio e contemplando la natura, il tempo passó. Passo dopo passo, vacillante come un bimbo ai primi passi, la sua vita prese a riempirsi di piccole cose che le piacevano. Le sue ansie diminuivano, e la sensazione di felicitá aumentava.
Non era successo nulla di straordinario, aveva dato tempo a se stessa, si era lasciata vivere senza aspettative, osservandosi, e concentrandosi su ció che il giorno le donava. Non era molto ció che aveva raggiunto, ne era consapevole, ma sentiva   di essere appena all’inizio di una lunga strada.


Di tanto in tanto veniva a trovarla la sua amica che nel frattempo aveva incontrato un uomo che le piaceva e di cui se ne era innamorata. I suoi racconti erano esaltanti, ma avevano qualche cosa che non convincevano Ilaria, poiché l’amica parlava un po’ troppo di cose materiali. Aveva incontrato un’uomo ricco.
Non che lei avesse qualcosa contro il benessere economico, ma non avrebbe mai voluto confonderlo con l’amore.
Un giorno l’amica le disse. „ Ma perché non ti cerchi un uomo?“
Lei rimase silenziosa e poi rispose „ se c’é un uomo per me lá fuori, lo incontreró, fosse anche di incontrarlo fra gli scaffali di un supermercato mentre faccio la spesa. Non mi sento di andare a caccia di uomini, non fa per me.“ Credeva nel destino e non voleva forzare il suo corso.
Forse il denstino la stava ascoltando?
I due anni successivi furono la sua scuola di vita. Aveva raggiunto un sano equilibrio nel suo pensiero, studiava matematica e si trastullava con stoffe colorate confezionando borsette che poi regalava a chi piacevano.  Le sue giornate erano colme di cose da fare e tutte piacevoli. Anche cucinare per se stessa era diventata una cosa non solo necessaria, ma anche divertente.
Era estate. Lei aveva trascorso due settimane al mare con i suoi nipotini. Le piaceva molto stare con loro ed aveva soddisfatto la sua voglia di mare, sole e vento.
La mattina dopo il suo ritorno, andó a fare la spesa al supermercato. Notó con fastidio un signore che,  appena entrata, la fissava. Lo guardó, perché pensava di conoscerlo, ma non era cosí, non lo conosceva, non lo aveva mai visto prima di allora. Fece la spesa e quando arrivó alla cassa rivide quel signore che la continuava ad osservare. Finse di nulla, pagó ed uscí con il suo carrello per andare alla macchina.
Il signore la seguí e le chiese con fare cortese se aveva bisogno d’aiuto, ma lei rispose di no. A questo punto lei era arrivata alla macchina. Lui l’aveva seguita e disse:“Potrei offrirle un caffé?“
Lei lo guardó sbigottita, lui sorrideva e aspettava. Ci mise un poco a rispondere,ma poi fu incuriosita da questo tipo e accettó.
„Qui vicino c’e un bar“ disse lui.
Insieme si incamminarono verso il bar.
Ordinarono un caffé e iniziarono a conversare. Lui aveva piú o meno la sua etá, era pensionato e divorziato aveva due figli, mentre lei ne aveva sei. Risero.
Quando lui disse di essere ingegniere´ lei si illuminó e chiese :“ ma allora lei conosce la matematica“
„Si“ rispose lui. E lei: „ da tempo cerco un insegnante di matematica per me, non riesco piú ad imparare da sola, vorrebbe darmi qualche lezione?“
Questa volta fu lui a guardarla attonito, ma subito disse che sí, che lo avrebbe fatto volentieri.    
Ilaria si sentiva felice d’aver trovato finalmente un maestro che l’aiutasse e presero subito appuntamento per la settimana seguente. Lui sarebbe andato a casa sua per la prima lezione.
Si salutarono, e ognuno andó per la sua strada.
Il giorno della prima lezione lei era un po’ nervosa e non senza ragione. Si era resa conto che causa il suo entusiasmo per la matematica,  aveva  invitato in casa uno sconosciuto.  Quando lui arrivó, le porse gentilmente una rosa, lei imbarazzata la prese e lo ringrazió. Gli chiese se desiderava un caffé e lui accettó volentieri.
Dopo il caffé lei gli portó i libri sui quali stava studiando e lui disse di volerli guardare prima di iniziare. Piú tardi, non prima d’aver fissato l’appuntamento successivo, lui se ne andó.
Dopo le prime tre lezioni e le prime tre rose, lei gli chiese, quanto avrebbe dovuto pagare. Era ovvio che non voleva lezioni gratis. Lui, apparentemente imbarazzato, rispose, che le avrebbe fatto molto piacere se lei avesse accettato di uscire con lui a cena.  Questo, lei non se lo era aspettato e rimase un’attimo in silenzio.
Ormai era chiaro che stava nascendo qualcosa di nuovo.
Uscirono a cena. Ci furono uscite a teatro, concerti e altre cene. Alla fine, fra una lezione di matematica ed una passeggiata al chiar di luna, i due si innamorarono.
Per lei fu il fatidico „colpo di fulmine“. Si innamoró come una quindicenne. Non riusciva piú a pensare.  La sua mente era dominata da questo nuovo amore. Lui la colmava di attenzioni ed era molto tenero.
I figli di Ilaria, venuti a conoscenza della storia amorosa della madre, furono ben contenti di non saperla piú cosí sola e trovarono la cosa molto divertente.

Un giorno, lui fece la proposta di fare insieme una crociera in barca a vela. Con un amico avevano affittato una barca in Croazia e volevano passare una settimana sul mare. Lei peró aveva paura dell’acqua, aveva paura di andare in barca e ancor di piú in barca a vela.
Spontaneamente rispose „ no grazie, non fa per mé“. Lui non volle saperne di un rifiuto e insistí finché non la convinse.
Lei non ebbe via di scampo, si lasció convincere e si preparó per il viaggio.
Si imbarcarono a Pola.
Trascorse una settimana in barca a vela,  all’inizio un po’ titubante, ma poi smise di pensare.
Tutto era nuovo per lei.   Navigarono fra le isole della Croazia pernottando in baie romantiche e facendo brevi escursioni nel verde della flora mediterranea. Dall’alto di una collina scorse nel mare delle piccole cupole verdi circondate da sabbia bianca. L’intenso azzurro del mare contrastava con il verde e il bianco degli isolotti,  sembrava un gioco della natura. Ilaria era affascinata da ció che vedeva,  tutto le sembrava irreale.
Si tuffó nel mare in piena notte senza rabbrividire e fece l’amore sotto le stelle.
Mai in vita sua aveva vissuto cosí spensierata e felice.
Il destino aveva voluto farle uno scherzo?

Forse sí o forse no, sta di fatto che innamorarsi é una delle cose piú belle che possano capitare, anche se l’amore per la matematica é ugualmente straordinario.

°°°°°

Graziella Torboli 
22 gennaio 2016




Nessun commento:

Posta un commento